Il popolo della notte si divide in ‘gufi‘ e ‘allodole‘. Nel gergo dei medici del sonno, si chiamano così i nottambuli che posticipano più che possono l’ora della buonanotte e vivono come un incubo il suono della sveglia (gufi), e i mattinieri che all’opposto vanno a letto ‘con le galline’ e appena fa giorno sono già carichi come molle (allodole). Ora, in uno studio pubblicato su ‘Cell’, un gruppo di scienziati della Rockfeller University americana ha scoperto il segreto dei primi: si nasconde nel Dna, nella mutazione di un gene chiamato CRY1. In sintesi, il ‘gene dei gufi’ condanna chi lo presenta a un jet leg perenne. Il loro orologio biologico è irrimediabilmente sfasato, in ritardo di 2 ore, 2 ore e mezza. Persone programmate per addormentarsi tardi e svegliarsi a stento, perché per il loro organismo la mattina è ancora notte. “I ‘gufi’ vivono come se fossero sempre in viaggio verso Est“, spiega Michael Young, a capo del laboratorio di genetica dell’ateneo Usa. “I loro giorni sono più lunghi di quanto concesso dal movimento della Terra – precisa Alina Patke, primo autore del lavoro – quindi è come se dovessero continuamente rimettersi in pari” con l’alternanza giorno-notte, “ritrovare il passo” con i ritmi circadiani. Questo accade perché la loro mutazione genetica sposta in avanti il ciclo sonno-veglia. Il gene CRY1 regola infatti la produzione di una proteina che, se difettosa, prolunga il ciclo giornaliero di minimo mezz’ora. Gli scienziati hanno identificato la mutazione dei gufi nelle cellule della pelle di persone con Dspd, la sindrome della fase del sonno ritardata. Si stima colpisca il 10% della popolazione, anche se non tutti i casi sono collegati al gene CRY1: la stessa Patke confessa di essere un gufo, che lavora fino a tarda notte e fatica ad alzarsi presto, eppure non è portatrice della mutazione. Secondo le indagini degli autori, la presenta un europeo su 75.