Un mondo remoto, gelido e ancora poco esplorato, visto che sinora è stato ‘visitato’ solo dalla sonda Voyager 2 della NASA: è questo l’identikit di Urano, il settimo pianeta del Sistema Solare e il primo ad essere scoperto con un telescopio (da William Herschel, il 13 marzo 1781). Nella foto in alto, il ‘gigante’ ghiacciato in un ritratto realizzato con immagini di Voyager 2 e Hubble.
Urano si è recentemente guadagnato gli onori della cronaca per un fenomeno che, nel suo caso, è ancora poco noto: le aurore. Un gruppo internazionale di astronomi, coordinato dall’Osservatorio di Parigi, si è dedicato ad approfondire queste manifestazioni e il frutto dell’indagine è l’articolo “The aurorae of Uranus past equinox”, recentemente pubblicato su Journal of Geophysical Research – Space Physics.
Le aurore – spiega l’Agenzia Spaziale Italiana – sono causate da flussi di particelle cariche, di varia origine come, ad esempio, il vento solare o la ionosfera planetaria. Tali particelle, quando vengono catturate da campi magnetici intensi e incanalate nella parte superiore dell’atmosfera, interagiscono con gas, quali ossigeno e idrogeno, e danno luogo a spettacolari fenomeni luminosi, le aurore.
Per la loro indagine sulle aurore di Urano gli astronomi si sono giovati del fondamentale contributo di Hubble, che nel 2011 è stato il più potente telescopio spaziale a cogliere un’immagine di questo fenomeno sul lontano pianeta.
Nel 2012 e nel 2014 il team della ricerca ha effettuato ulteriori osservazioni con lo storico telescopio spaziale NASA-ESA, utilizzando in particolare il suo strumento STIS (Space Telescope Imaging Spectrograph) nell’ultravioletto.
Gli studiosi, infatti, hanno captato gli effetti di due vigorose esplosioni di vento solare in viaggio dal Sole verso Urano e successivamente, con Hubble, hanno esaminato il loro effetto sul pianeta, osservando le aurore più intense mai riscontrate in precedenza sul corpo celeste. Analizzando il fenomeno nel corso del tempo, inoltre, gli astronomi si sono resi conto che queste aree splendenti ruotano con Urano.
Infine, questa ricerca ha consentito di individuare nuovamente i poli magnetici del pianeta, di cui si erano perse le tracce poco dopo la loro scoperta, nel 1986, da parte di Voyager 2, a causa sia di incertezze nei sistemi di misurazione dell’epoca, sia della superficie di Urano priva di tratti distintivi.