Astronomia gravitazionale: la danza continua tra buchi neri

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Nel settembre 2015 il mondo scientifico è scosso da un segnale captato dalle collaborazioni internazionali LIGO (Laser Interferometer Gravitational-Wave Observatory) e VIRGO. È il primo segnale diretto di un’onda gravitazionale, emessa circa 1,3 miliardi di anni fa da due buchi neri di alcune decine di masse solari, che si sono fusi insieme.

Adesso, a distanza di quasi due anni dalla scoperta, un team di scienziati dell’University of Chicago ipotizza, in uno studio pubblicato su The Astrophysical Journal Letters, che anche i due buchi neri all’origine dell’evento, che si sono stretti in un abbraccio fatale spiraleggiando l’uno intorno all’altro fino a diventare una cosa sola, a loro volta sono il risultato di una fusione tra buchi neri più piccoli.

Uno degli aspetti che ha da subito incuriosito i fisici di LIGO e VIRGO, durante l’analisi dei dati del segnale della prima onda, è stata proprio la massa dei due buchi neri che l’hanno generata, spiega l’Agenzia Spaziale Italiana. Buchi neri di dimensioni stellari, piuttosto rari rispetto ai ‘colleghi’ supermassicci, con una massa di milioni o miliardi di volte quella del Sole, o a quelli di massa ridotta. Proprio da questi ultimi, l’ipotesi dei ricercatori Usa fa discendere l’origine dei due buchi neri protagonisti della scoperta delle onde  gravitazionali.

Secondo i ricercatori di Chicago, la fusione tra piccoli buchi neri “lascia una firma particolare sullo spin del buco nero finale”. In base alle conclusioni dello studio, la raccolta di nuovi dati da parte di LIGO e VIRGO, dopo le fasi di upgrade di questi esperimenti, potrà fornire maggiori prove a conferma di questa ipotesi. E, all’alba della cosiddetta astronomia gravitazionale, permettere di ottenere preziose informazioni sulla formazione dei buchi neri e sui loro processi di fusione.

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