I medici di famiglia investono del digitale, nel 2016 “gli unici a crederci”

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I medici di famiglia investono nel digitale e sembrano essere, tra i diversi attori del sistema sanitario, “gli unici a crederci”. E’ quanto emerge da un’indagine condotta dall’Osservatorio innovazione digitale in sanità della School of Management del Politecnico di Milano, in collaborazione con il Centro studi della Federazione italiana medici di medicina generale (Fimmg) e con il supporto di DoxaPharma. Dal sondaggio, realizzato su un campione rappresentativo di 540 dottori di famiglia, risulta che sono gli unici protagonisti del Ssn (tra strutture sanitarie, Regioni e ministero della Salute) ad avere incrementato gli investimenti nel digitale durante il 2016 rispetto all’anno precedente (+3%). Per quanto riguarda i servizi utilizzati, la consultazione online di dati di laboratorio è stata utilizzata nell’ultimo anno dal 47% del campione, quella di referti specialistici dal 32%, di referti di diagnostica per immagini dal 30%, di lettere di dimissione ospedaliere e da pronto soccorso dal 20%. Da parte dei medici che ancora non li utilizzano viene riferito un evidente interesse all’uso di questi servizi qualora fossero disponibili; confermando una tendenza emersa negli altri anni, solamente quote residuali del campione (dal 5 al 7%) si dichiarano non interessate. Vengono tutti giudicati servizi rilevanti, che superano lo score di 4,5 rispetto a una valutazione espressa su una scala da 1 a 5. Pur valutando così favorevolmente questi servizi, 2 terzi dei medici appartenenti a regioni in cui il fascicolo sanitario elettronico (Fse) è stato già attivato dichiarano di non averne ancora mai utilizzato le risorse, dimostrando tra l’altro che i servizi citati sono spesso ancora collocati al di fuori dello stesso fascicolo. L’indagine ha consentito inoltre di rilevare eventuali problematiche legate a soluzioni Ict ritenute inadeguate dalla professione. E’ emerso che l’85% dei medici auspica una rapida scomparsa del promemoria cartaceo della ricetta dematerializzata. I medici di medicina generale si attendono che la scomparsa del promemoria comporterebbe un’agevolazione per i pazienti per quanto riguarda le terapie continuative, un aumento del tempo a disposizione del medico per dedicarsi ad aspetti più qualificanti della professione (punteggio tra 7 e 10 per il 72% del campione), una complessiva riduzione dei flussi ambulatoriali (da 7 a 10 per il 68% del campione). Vengono d’altronde giudicati bassi i possibili rischi per i pazienti di non ricevere i medicinali prescritti in caso di malfunzionamento del sistema o di possibili confusioni rispetto ai farmaci prescritti. Cercando di analizzare tutte le possibili conseguenze della scomparsa del promemoria cartaceo, viene in particolare poco condivisa l’ipotesi di una riduzione della capacità di intercettare precocemente i problemi dei pazienti per una riduzione della loro frequentazione ambulatoriale (solo il 7% dei medici si dichiara molto d’accordo) e quella di un affievolimento del rapporto medico-paziente (solo il 4% è molto d’accordo). Dalle risposte del campione, ad avere maggiore interesse a mantenere in vigore la copia cartacea del promemoria sono i farmacisti (43%), le istituzioni sanitarie (30%), i pazienti (23%) e solo per il 4% i medici. Si rileva un discreto livello di adozione delle App mediche mobili: il 39% dei medici le usa per consultare informazioni e linee guida, il 32% per la consultazione di copie elettroniche di report, articoli scientifici, glossari. Rispetto all’anno precedente, non si rilevano variazioni rilevanti rispetto alla diffusione degli strumenti digitali che i medici utilizzano per interagire con i pazienti: l’85% usa l’email, il 68% gli Sms, il 53% WhatsApp. Quest ultimo mezzo viene per lo più utilizzato per condividere con i pazienti e altri operatori sanitari documenti e materiale multimediale utili alla valutazione clinica. Chi lo utilizza riferisce che lo scambio di informazioni e immagini è efficiente tanto da evitare una visita (per il 50% di chi lo utilizza), e in grado di rendere più chiara e comprensibile l’interazione con gli stessi pazienti (per il 40%) tanto da migliorare la loro soddisfazione (per il 39%). Cercando di analizzare gli ostacoli all’innovazione digitale nella professione, i medici di medicina generale attribuiscono la responsabilità alla scarsa cultura digitale (51%), alla scarsa conoscenza delle potenzialità di questi strumenti (48%), a una percezione di scarsa sicurezza e/o garanzia sulla privacy (42%), a una mancanza di competenze di utilizzo degli strumenti (41%) e alle limitate risorse economiche (35%); più contenute sono le percentuali di coloro che credono che la responsabilità debba essere attribuita alla difficoltà di identificare i benefici e giustificare gli investimenti (32%), alla difficoltà nell’uso di queste risorse (18%) e a una immaturità delle tecnologie e/o assenza di efficaci soluzioni di mercato (14%). “Quello che emerge – afferma Paolo Misericordia, responsabile del Centro studi della Fimmg – è un quadro di una professione ormai fortemente orientata verso l’uso delle risorse Ict, sia per un sistema che ha indubbiamente preteso dalla medicina generale un adeguamento a queste competenze che non è stato richiesto ad altri, sia per la percezione dei vantaggi che l’utilizzo di questi strumenti comportano nella gestione del paziente. Tutto questo a fronte di un’età media della categoria avanzata, senz’altro superiore a quella di ambiti della professione medica che appaiono meno digitalizzati. I medici di famiglia sembrano anche in grado di identificare correttamente le criticità di questi sistemi e attribuirne le relative responsabilità“. “Dall’indagine emerge una distanza tra Regioni e medici – commenta Chiara Sgarbossa, direttore dell’Osservatorio innovazione digitale in sanità del Politecnico di Milano – Se da un lato gli strumenti digitali sono entrati nella quotidianità professionale dei medici, dall’altro gli strumenti messi a disposizione dalle Regioni, come il Fse, sono ancora percepiti come inadeguati rispetto alle esigenze della professione e quindi poco utilizzati”.

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