Tre alpinisti, uno americano, uno slovacco e uno australiano, sono morti sull’Everest, e un quarto dato per disperso in uno dei fine settimana più drammatici da quando una valanga ha ucciso 18 persone nel 2015. I decessi degli ultimi giorni, probabilmente correlate al mal di montagna acuto (AMS), portano a cinque il numero di alpinisti morti sull’Everest dall’inizio della stagione, segnata da un clima molto variabile con venti molto forti e temperature insolitamente basse. Il tempo è leggermente migliorato durante il fine settimana, dando la possibilità agli alpinisti di scalare la vetta. Le vittime sono lo slovacco Vladimir Strba e l’americano Roland Yearwood, entrambi 50enni, e l’australiano Francesco Enrico Marchetti, 54 anni. I primi due sono stati trovati morti sopra gli 8.000 metri, nella cosidetta “zona della morte”, dove l’altitudine e la mancanza di ossigeno producono danni irreversibili ad alcune delle funzioni vitali. Mentre l’australiano stava tentando la scalata sul suo versante tibetano ed è deceduto dopo aver raggiunto i 7.500 metri. Un quarto scalatore, l’indiano Ravi Kumar, è scomparso da sabato, quando il suo contatto è stato perso poco dopo aver raggiunto la vetta. La sua guida nepalese è stata trovata priva di sensi a Camp 4, appena al di sotto di 8.000 metri, con grave ipotermia.