La figura professionale dell’erborista esiste dal 1931. Un’arco temporale molto lungo durante il quale la professione è mutata, si è estesa per numero di persone che scelgono questo lavoro, si è arricchita con l’istituzione di corsi di laurea triennali ad hoc. Di qui l’esigenza di una nuova regolamentazione di cui si sta occupando un ddl, prima firmataria Margherita Miotto del Pd, all’esame della commissione Affari sociali della Camera per l”Istituzione e disciplina della professione sanitaria di erborista e disposizioni concernenti l’attività commerciale di erboristeria’. “E’ evidente -si legge nel testo che accompagna la legge- che una normativa che vede la luce nel lontano 1931, con il relativo regolamento applicativo, non sia più in grado di rappresentare le esigenze di professionisti sempre più qualificati e di un settore in grande e costante espansione“. Di qui l’esigenza del ddl che si prefigge di “intervenire radicalmente con un atto normativo moderno che collochi, al pari di altre figure professionali, l’erborista nell’ambito delle professioni sanitarie non mediche e che regolamenti l’attività commerciale di erboristeria esaltandone tutte le peculiarità“. Un’analoga iniziativa era stata presa durante la scorsa legislatura ma senza successo. Ora la meta potrebbe essere a portata. Non adeguare la professione di erborista all’esigenze attuali, anche dal punto di vista legislativo, potrebbe “determinare la perdita di una centenaria tradizione culturale propria del nostro Paese -si spiega nel ddl Miotto- provocando sicuri problemi di sopravvivenza alle migliaia di attività commerciali che vi operano, vanificando gli onerosi sforzi di quanti hanno creduto nel settore erboristico intraprendendo gli studi universitari, fiduciosi di trovarvi uno sbocco professionale ed economico“. “L’Italia -si sottolinea- ha la ricchezza di avere, nel campo delle piante medicinali, già a disposizione una categoria qualificata che lavora da sempre con un approccio olistico agli squilibri funzionali dell’organismo. Occorre che a questa categoria sia riconosciuto questo merito e che, quindi, essa sia valorizzata per il lavoro che concretamente svolge“. Quindi valorizzazione di una professionalità antica ma anche tutela dei consumatori che sempre più spesso si rivolgono all’erborista per l’automedicazione. E nella legge si auspica anche un collegamento tra erborista e medico e si cita l’esempio della Toscana: “E’ importante citare l’innovativo esperimento effettuato presso alcuni ospedali della regione Toscana relativamente all’inserimento dell’erborista, quale consulente presso i pazienti sul corretto utilizzo e sulla somministrazione di miscele di erbe infusionali di conforto e di supporto alle terapie mediche“. La legge, composta di 7 articoli, si prefigge quindi di riconoscere il ruolo dell’erborista come tecnico specializzato nel settore delle piante officinali e del loro uso e di collocare questa figura professionale nell’ambito degli ‘operatori sanitari’ (al pari di altri operatori quali, ad esempio il dietista, il podologo, l’ottico eccetera), essendo punto di riferimento per l’utente nel campo dell’autogestione della salute con le piante officinali. Inoltre, si vuole definire precisamente l’ambito di competenza e di operatività specifica dell’erborista, anche rispetto alle tecniche analitiche e di trasformazione del materiale vegetale che gli competono indicando la laurea in scienze e tecnologie erboristiche e i diplomi in erboristeria come titoli abilitanti alla professione di erborista. Infine, si prevede la necessità dell’istituzione di un registro regionale degli erboristi abilitati e l’adeguamento professionale per coloro che alla data di entrata in vigore della legge non sono in possesso dei titoli ivi previsti per continuare a svolgere la professione.