Incontro, ieri sera a Roma, nella sede del Mibact, per discutere della ripresa degli scavi sull’affluenza dei fiumi Crati e Busento, laddove sarebbe sepolto Alarico, il re dei Visigoti che pose fine all’Impero Romano.
Gli scavi furono bloccati nel novembre del 2016 dalla Soprintendenza, dopo che era stato firmato un accordo quadro , e pochi giorni prima che venisse inaugurata la bellissima statua del re barbaro, ad opera di Paolo Grassino.
Occhiuto ha donato a Franceschini un libro che ripercorre la storia di Edoardo Galli, il più grande archeologo italiano di inizi novecento, che confermò la tesi della sepoltura del re nelle affluenze dei due fiumi cosentini, insieme al suo leggendario tesoro.
Secondo alcuni storici, insieme alle 25 tonnellate d’oro e alle 150 tonnellate di argento, frutto del sacco dei Goti, Aalarico avrebbe sottratto anche la La Menorah, cioè la straordinaria lampada ad olio a sette bracci che nell’antichità veniva accesa all’interno del Tempio di Gerusalemme attraverso combustione di olio consacrato.
Il Ministro dei Beni culturali ha assicurato a Mario Occhiuto massima attenzione sul tema, riservandosi di dare una risposta in pochi giorni
Alarico, noto come Falvius Aalaricus, Principe dei Balti, fu dapprima magister militum dell’Impero e successivamente autore del saccheggio del 410 che pose praticamente fine a undici secoli di dominio.
Secondo la leggenda venne seppellito con i suoi tesori nel letto del fiume Busento a Cosenza. Gli schiavi, che avevano lavorato alla temporanea deviazione del corso del fiume, furono uccisi perché fosse mantenuto il segreto sul luogo della sepoltura.