Nella giornata di ieri il passaggio di una profonda depressione extratropicale, proveniente dalla regione della Mongolia interna, ha causato forti tempeste di vento che hanno spazzato il nord della Cina, con raffiche da Ovest e O-NO che hanno raggiunto i 90-100 km/h. Venti davvero violenti che non hanno risparmiato neppure l’area metropolitana della capitale Pechino, dove ieri è stata misurata una massima raffica di oltre 97 km/h da Ovest. Purtroppo sono ingenti i danni, fra alberi sradicati, impalcature distrutte e cartelloni pubblicitari divelti e finiti sulla strada. Nella mattinata di ieri, durante l’orario di punta, un motociclista è stato centrato in pieno dal ripiano di metallo venendo spazzato via con esso. Il tutto davanti all’occhio di una telecamera montata sul cruscotto di un automobilista. Ma oltre ai danni e ai tanti incidenti l’impetuosa ventilazione da O-NO ha sollevato per aria anche imponenti nubi di polvere che dal deserto del Gobi si sono mosse in direzione delle regioni della Cina centro-settentrionale, offuscando i cieli e provocando una drastica riduzione della visibilità orizzontale. Il profondo ciclone extratropicale, muovendosi dalla Mongolia interna verso le province più settentrionali della Cina, si è rapidamente approfondito grazie al richiamo di aria molto fredda proveniente direttamente dall’altopiano della Siberia orientale, tramite intensi venti da NO che dall’altopiano di Stanovoi, dall’est deserto del Gobi e dalla Manciuria si sono diretti lungo le coste dell’estremo oriente russo per raggiungere in seguito il mar del Giappone.
L’aria fredda, affluendo in modo massiccio anche in quota (a 500 hpa), ha alimentato il vortice, approfondendolo sensibilmente, fino a determinare un notevolissimo “gradiente barico orizzontale“ su tutto il nord della Cina. Bisogna poi tenere in considerazione la rapida caduta di pressione che si è verificata fra l’est della Mongolia e la Cina settentrionale, durante il passaggio del profondo ciclone extratropicale. Il drastico calo barico ha reso i venti dai quadranti occidentali ancora più violenti visto che oltre al noto vento di “gradiente”, si è sommato pure il cosiddetto “vento Isallobarico” che è generato da una rapida caduta di pressione su un’area geografica piuttosto vasta, a seguito del passaggio ravvicinato di una profonda ciclogenesi.
Rispetto al comune vento di “gradiente” il “vento Isallobarico” agisce come una sorta di grande onda atmosferica che permette alle masse d’aria di spostarsi il più rapidamente possibile da un’area di alta pressione a un’altra di bassa pressione limitrofa. Di solito il “vento Isallobarico” è associato alle potenti tempeste che si formano in mezzo all’oceano (sia sull’Atlantico che sul Pacifico) e che seguono il passaggio dei grandi cicloni extratropicali, note anche come “depressioni-uragano”, con minimo barici al suolo pronti a scendere sotto i 950-940 hpa.
L’intenso ciclone extratropicale, muovendosi molto velocemente verso il nord della Cina, ha generato forti venti di tempesta, richiamando una furiosa ventilazione da Ovest, O-NO e NO, che dal deserto del Gobi si è dipanata molto rapidamente sulla Cina settentrionale, sotto vere e proprie bufere di vento. Con molta probabilità l’evento è stato ulteriormente enfatizzato da un probabile “sting jet”. Con il termine “sting jet” si intendono quelle “correnti a getto discendenti” che originatesi in quota, fra l’alta e la media troposfera, giungono con intensità paragonabile a quella osservata in quota nei bassi strati (fino al suolo), nell’area post-frontale del ciclone extratropicale, causando violente raffiche di vento, della durata non superiore alle 3-4 ore, che spesso possono superare picchi di oltre 150-160 km/h.
Lo “sting jet”, come dimostrato recentemente in diversi studi, è il principale responsabile delle violente tempeste di vento che a volte accompagnano il passaggio di un profondissimo ciclone extratropicale, particolarmente profondo. La parola “Sting”, che in inglese significa “aculeo”, sta ad indicare la tipica coda di nubi arricciate, ad uncino, che caratterizza le più intense depressione extratropicali che spesso, soprattutto fra il tardo autunno e la stagione invernale, si osservano sull’Atlantico settentrionale, fra le coste di Terranova, le coste meridionali groenlandesi e l’Islanda, con l’occlusione che viene interamente risucchiata dallo stesso minimo depressionario. Proprio in questi cicloni extratropicali così potenti si può sviluppare lo “sting jet”.
Questo particolare fenomeno, ancora oggetto di studio e dibattito fra le scuole di meteorologia dinamica, si associa a cicloni extratropicali particolarmente esplosivi, che subiscono un rapido approfondimento a causa di forti avvezioni di vorticità nella media troposfera prodotte dall’ingresso del “getto polare”, con “Jet Streaks” (massimi di velocità del “getto”) particolarmente violenti, capaci di superare la soglia dei 260-300 km/h a circa 9000 metri di altezza. Il ruolo del “getto polare” è fondamentale per lo sviluppo dello “sting jet”. Le violentissime raffiche di vento discendenti partono proprio da un flusso secondario della “corrente a getto polare” che si dirama molto velocemente verso i bassi strati, fino a raggiungere il suolo nell’area post-frontale.
Lo “sting jet” si origina quasi sempre lungo il quadrante sud-occidentale di un profondo ciclone extratropicale, in rapido approfondimento. Nella maggior parte dei casi lo “sting jet”, all’origine delle raffiche di vento più violente se non addirittura distruttive, si localizza appena a sud-ovest del profondissimo minimo barico, subito dietro il passaggio del fronte freddo, in aria fredda post-frontale.
Come accennato il vento nasce in quota, fra l’alta e la media troposfera, in seno al flusso portante di un ramo del “getto polare” particolarmente potente. Ma una volta che questo flusso, legato al ramo del “getto polare”, comincia ad entrare all’interno della spirale depressionaria esso raffreddandosi, divenendo sempre più denso e pesante, tende a discendere verso i bassi strati, accelerando ulteriormente, fino a raggiungere il suolo con raffiche davvero violente, che possono agevolmente toccare valori di ben 150-160 km/h.