Acqua in bottiglia: “Diciamo basta al marketing della paura”

MeteoWeb

Chi scrive è un moderno Davide contro un moderno Golia, che con la sua fionda non abbatterà di certo il gigante ma che vuole lanciare un sassolino per indurre tutti a una riflessione. Davide è SodaStream, azienda che vende gasatori che rendono frizzante l’acqua del rubinetto: una realtà che in Italia ha un mercato in media di 100.000 dispositivi all’anno, nulla in confronto a Golia, rappresentato dal mondo dell’acqua in bottiglia, un colosso di marche da 320 miliardi di dollari nel mondo, da 14 miliardi di litri imbottigliati ogni anno in Italia“: lo si legge in una lettera aperta Petra Schrott, Responsabile Marketing di SodaStream Italia.

Premetto: non scrivo perché voglio vendere più pezzi del mio prodotto, ma generare un dibattito che, purtroppo, in un Paese come l’Italia è un vero tabù, o un argomento per pochi coraggiosi come Report, che lunedì sera ha realizzato un’approfondita inchiesta o come Marco Montemagno, giovane guru del web, che ha realizzato un video che invito a guardare.

Tutti nel Belpaese bevono l’acqua in bottiglia: perché è buona, sana, sicura, stimola la diuresi, fa fare tanta plin plin, come ci propinano gli spot che invadono i nostri media. Una perfetta operazione di marketing: perché l’acqua in bottiglia è un prodotto non dissimile, ma ben più costoso dell’acqua di casa, che scorre dai nostri rubinetti gratuitamente e in molti casi è persino più buona. Eppure il “marketing della paura” funziona fin troppo bene, pilotato lungo lo Stivale e nei piani alti da lobby di potere e copiosi investimenti pubblicitari. “Marketing della paura” perché, in modo più o meno esplicito, vogliono farci credere che l’acqua del rubinetto sia il “mostro cattivo”. Eppure in tantissimi Paesi del mondo da cui l’Italia spesso ha da imparare, la bevono senza remore, perché è buona, sicura, e soprattutto controllata. In Svezia, Danimarca, Germania, e anche in Italia! Il problema è che di questo purtroppo non se ne parla o comunque sempre troppo poco.

Quello che si beve dalle bottiglie e bottigliette di design dei grandi brand delle acque minerali nella maggior parte dei casi è la stessa acqua che scorre dalla fonte a pochi chilometri da casa, altro che “Più in alto nessuna”: l’inchiesta di Report lo evidenzia molto bene, e solleva un altro tema importante, quello dei limiti di legge: ad esempio oggi il limite di manganese è di 50 microgrammi per l’acqua potabile e di 500 per le acque minerali, quello dell’alluminio è di 200 microgrammi per litro mentre per le acque minerali non ha limite, il fluoruro è limitato a 1,50 e per le acque minerali è consentito fino a 5.

Perché questa disparità? Un’altra delle mille contraddizioni di questo Paese in cui la mia azienda si trova ad operare. Senza dimenticare il tema, altrettanto importante, dell’impatto ambientale in termini di bottiglie di plastica, per quanto sempre più riciclabili (ma quanto costa riciclarle?), e di emissioni di CO2 che il mercato delle acque in bottiglia comporta. E oggi che non si fa che parlare di sostenibilità, non è forse questo un grave paradosso?

Con questa lettera aperta, ripeto, non voglio vendere gasatori in più, non mi interessa che compaia il mio marchio“.

Penso che i consumatori italiani, spesso poco propensi ad approfondire, abbiano tutto il diritto di sapere cosa comprano e cosa bevono.”

Mi auguro che questa mia lettera possa aver contribuito ad alimentare una riflessione, che spero possiate cogliere al di là di ogni possibile condizionamento da parte di qualsivoglia grande investitore dal nome altisonante.

Servizio di Report: http://www.report.rai.it/dl/Report/puntata/ContentItem-7a87bd25-0497-4bbe-bb37-4e0845503e25.html

Video di Marco Montemagno: https://www.youtube.com/watch?v=5Xb7ahr8af0

Condividi