In Italia le acque ‘salate’ rese potabili sono 13,6 milioni di metri cubi su un totale di 9,1 miliardi di metri cubi prelevati, ovvero lo 0,1 per cento. Un valore minimo, se si pensa che il Paese è per larga parte circondato dal mare. Attualmente la dissalazione avviene solo in due distretti idrografici: in Sicilia (12,6 milioni di metri cubi, pari al 92,5 per cento del totale nazionale) e nell’area dell’Appennino settentrionale (tra Toscana e Liguria per il restante 7,5 per cento). Anche della necessità di sviluppare la dissalazione si parlerà durante ‘Watec Italy 2017’, mostra convegno dedicata alla gestione e alla salvaguardia della risorsa idrica in programma a Palermo dal 21 al 23 giugno a cura di Kenes Exhibitions con la collaborazione di Regione siciliana e Università di Palermo.
La dissalazione riguarda anche l’industria. Infatti, incrociando i dati della ‘produzione’ di acqua con quelli della domanda, ci si accorge della forte richiesta di oro blu da impiegare nel settore industriale in diverse regioni. È il caso di Veneto, Emilia Romagna e Campania, territori che sboccano sul mare e che hanno tutte le condizioni favorevoli per sviluppare la produzione di acqua dissalata, alleggerendo la pressione sulle fonti di approvvigionamento tradizionali.
“Riteniamo che la dissalazione sia una tecnologia sostenibile, sia in termini economici che ambientali per risolvere, nell’immediato, il problema dell’emergenza idrica – spiega Francesco D’Urso, manager della società Aqualia -. Dal 1991 abbiamo progettato, costruito e commissionato più di 30 impianti di dissalazione per trattare acqua di mare e acque salate e portato avanti importanti progetti nel campo del riutilizzo terziario delle acque, fornendo più di 700.00 metri cubi al giorno d’acqua per più di 3 milioni di abitanti”. Dissalazione ma non solo. Durante ‘Watec Italy 2017’, infatti, si parlerà anche di investimenti per la riqualificazione della rete idrica italiana, oggi fermi su un valore medio nazionale di circa 32 euro per abitante all’anno. Una quota ancora lontana dall’obiettivo di 80 euro pro capite fissato dall’Autorità per l’energia elettrica, il gas e il servizio idrico per allineare l’Italia ai livelli europei. In questa cornice il Paese continua a muoversi a due velocità: il target di investimenti è aumentato significativamente nel Centro-Nord, con picchi vicini ai 50 euro per abitante, mentre al Sud i risultati sono deficitari.
Il 60 per cento delle infrastrutture idriche è stato messo in posa oltre 30 anni fa (percentuale che cresce al 70 per cento nei grandi centri urbani) e il 25 per cento di queste supera i 50 anni (il 40 per cento nei grandi centri urbani). Al Centro e al Sud le perdite idriche nella rete si aggirano intorno al 45 per cento, a fronte del 26 per cento rilevato al Nord. (AdnKronos)