Gli scienziati sanno che c’è. Sanno che dà conto dell’85% della materia dell’Universo. Ma non sono ancora riusciti a osservare direttamente la materia oscura, o a comprenderne la natura a livello fondamentale.
E nella nostra galassia? Secondo un team di ricercatori indiani del Tata Institute of Fundamental Research di Mumbai, che ha pubblicato uno studio su Physical Review Letters, sarebbe capace di ‘sparire’ rapidamente. Molto più velocemente che in altre galassie, o nell’Universo primordiale.
Subirebbe – spiega l’Agenzia Spaziale Italiana – un processo che i fisici chiamano annichilazione. Il risultato, cioè, dell’incontro di una particella subatomica con la sua controparte, l’antiparticella. Incontro in seguito al quale le masse delle particelle interessate sono convertite in energia.
Quasi tutte le osservazioni effettuate finora non hanno, però, riscontrato alcune traccia di questo processo. Tranne proprio nella Via Lattea. Indicazioni in questa direzione provengono, ad esempio, dai dati dell’esperimento PAMELA (Payload for Antimatter Matter Exploration and Light-nuclei Astrophysics), del telescopio a raggi gamma FERMI e del cosiddetto Hubble delle particelle elementari: l’esperimento AMS02 (Alpha Magnetic Spectrometer), ancorato alla ISS come una scialuppa di salvataggio.
I dati di questi esperimenti assegnano, pertanto, alla Via Lattea un ruolo piuttosto speciale. E gli scienziati indiani provano nel loro studio a sondarne le ragioni, ipotizzando che il tasso di annichilazione non sia lo stesso ovunque nell’Universo.
La teoria proposta dal team indiano ipotizza che la materia oscura sia costituita da più di una particella, e che interagisca attraverso una particella mediatrice non ancora individuata. Un’ipotesi che, secondo gli autori, richiede ulteriori verifiche e approfondimenti, ma che potrebbe spiegare l’assenza di segnali di annichilazione della materia oscura al di fuori della Via Lattea.