Uno studio condotto dall’Università dell’Oklahoma ha identificato le possibili composizioni dei sette pianeti del sistema TRAPPIST-1. La ricerca è stata condotta utilizzando migliaia di simulazioni numeriche che hanno aiutato gli astronomi a identificare le caratteristiche dei pianeti stabili.
Secondo i risultati dello studio, sei dei sette pianeti del sistema hanno una composizione simile a quella terrestre, ad eccezione di TRAPPIST-1f, che ha una percentuale di acqua pari al 25%. Dalle simulazioni è emerso che TRAPPIST-1e (il pianeta centrale) è il miglior candidato per futuri studi sull’abitabilità.
Gli scienziati si sono serviti del supercomputer Pleiades per le simulazioni numeriche: lo strumento è stato fornito dal programma di calcolo high-end NASA.
I pianeti TRAPPIST-1 sono più distanziati tra loro rispetto a quelli dei sistemi di Kepler, che permettono di individuare le variazioni temporanee di transito grazie alle osservazioni fotometriche. Queste variazioni sono utili per ricavare la massa dei pianeti mentre il raggio viene misurato dalle eclissi e da questi due dati è poi possibile deddurre la densità. Comparando la densità della Terra (per lo più roccia) a quella dei pianeti di TRAPPIST-1, i ricercatori possono determinarne la composizione e l’abitabilità.
TRAPPIST-1f – spiega l’Agenzia Spaziale Italiana – ha una massa pari al 70% di quella della Terra con le stesse dimensioni. Data l’ampiezza del suo raggio, la pressione trasforma l’acqua in vapore rendendolo poco adatto alla vita, per l’eccessivo calore. La ricerca di pianeti con una composizione più vicina alla Terra è la chiave per trovare luoghi che potremmo identificare come abitabili.
I mondi extrasolari di Trappist 1 sono stati fonte di ispirazione per due scienziati del Caltech, Robert Hurt e Tim Pyle, che hanno realizzato una serie di rappresentazioni artistiche dei pianeti ispirandosi alle caratteristiche di alcuni corpi celesti del Sistema Solare, creando un insolito connubio tra arte e scienza.
Solo per citarne alcuni, TRAPPIST-1b è stato ritratto prendendo come ispirazione le caratteristiche fisiche di Io, la luna di Giove. Per il pianeta più remoto, TRAPPIST-1h, sono state utilizzate invece altre due lune gioviane Ganimede e Europa, coperte di ghiaccio.
Per gli autori delle illustrazioni, l’obiettivo del loro lavoro è fornire uno strumento visivo che possa stimolare la curiosità del pubblico verso la scienza: “Se si guarda indietro fino a i primi esempi di arte spaziale – ha concluso Hurt – possiamo affermare che quest’ultima è stata utile alla comprensione del nostro Universo, diventando una parte importante della ricerca”.