“Ha ragione Junker, Trump non capisce l’accordo sul clima. Il Presidente degli Stati Uniti d’America rappresenta una generazione e una cultura che continuano a guardare alla questione ambientale come fosse un tema marginale, un problema per la creazione di sviluppo, un handicap per la competitività sui mercati internazionali“. Così Rossella Muroni, presidente di Legambiente, commenta le parole del presidente della Commissione Ue. Ma, per Muroni, “un merito Trump lo sta indubbiamente avendo. Molti, in opposizione a lui, si stanno scoprendo ‘amici del clima’ e allora chissà che proprio la scelta americana non sia la spinta non giusta ma comunque utile per superare tante timidezze a cui abbiamo assistito in questi mesi. A Taormina – aggiunge – l’arroganza e la posizione americana ha compattato tutti attorno al mantenimento degli accordi di Parigi e ha profilato un nuovo asse Europa-Cina in opposizione al boicottaggio americano“. Insomma, “la lotta dei mutamenti climatici ha bisogno di stabilità e concretezza e forse aveva bisogno anche di un nemico, se questo servirà a togliere alibi e timidezze a chi, come il nostro ministro Calenda, continua comunque a credere che trivellare nei nostri mari sia un’azione strategica per la sicurezza energetica nazionale lasciando le aziende italiane delle rinnovabili in ginocchio“. Anche il protocollo di Kyoto, ricorda Muroni, “fu firmato nel 1997 da un pugno di coraggiosi e i grandi inquinatori fecero di tutto per boicottarlo nel silenzio e nell’inconsapevolezza mondiale. Così non è per la scelta di Trump visto anche il sindaco di New York e il governatore della California tra gli altri si sono affrettati a specificare che qualsiasi siano le intenzioni di Trump, loro faranno fede agli accordi” così come centinaia di imprenditori americani che non vogliono veder messi in discussione i propri investimenti nei prossimi anni su innovazione e qualità ambientale. C’è, insomma, “un fronte che difende il clima che va ben al di là degli ambientalisti e che lo difende per motivi innanzitutto economici“, sottolinea Muroni che spera che ora anche Confindustria “capisca che la grande tradizione industriale italiana deve oggi saper competere a livello internazionale su innovazione e qualità ambientale e non svendendo il problema Ilva o difendendo 4 pozzi di estrazione di petrolio nel Parco nazionale della Val d’Agri“, una Confindustria in grado di fare “del nostro Paese un leader industriale europeo di soluzioni, processi e prodotti a favore del clima“.