“L’idrosadenite suppurativa è una patologia altamente invalidante dal punto di vista fisico e psicologico. Provoca enormi sofferenze prolungate nel tempo anche perché è fortemente sottodiagnosticata. Nonostante accompagni per decenni la vita delle persone non è stata inserita nel Piano nazionale delle cronicità. Ma non possiamo continuare ad aspettare: chiediamo l’apertura dei tavoli di lavoro per percorsi diagnostico-terapeutici oltre ad esenzioni e al riconoscimento di invalidità”. E’ quanto afferma all’Adnkronos Salute Giusi Pentori, presidente di Inversa onlus, associazione per i pazienti affetti dalla patologia, che oggi ha organizzato un incontro a Roma, in occasione della Giornata mondiale dell’idrosadenite suppurativa.
Per sopperire alle necessità e difficoltà dei malati “legate alla gestione di una patologia cronica che non riscontra consapevolezza nel panorama scientifico nazionale” e limitare gli stati acuti, “è necessario un approccio interdisciplinare, che permetterebbe anche di ridurre le spese per i pazienti. I malati girano tutta Italia cambiando ospedali e specialisti alla ricerca di una diagnosi e di una terapia. E i costi sono altissimi: considerate anche le medicazioni – osserva – un paziente in fase acuta può arrivare a spendere tra i 400 e i 600 euro al mese”.
Per di più “non sono previste esenzioni né il riconoscimento di invalidità. Molti perdono lavoro e non hanno protezione, fanno domanda di invalidità ma l’Inps non riconosce la patologia”. E questo “accade in tutta Italia tranne che in Trentino Alto Adige, l’unica Regione che ha dato un codice di esenzione ai pazienti”. “Le differenze assistenziali sono molto profonde – denuncia Pentori – e tra i pazienti si registra un nomadismo elevatissimo: finora ha viaggiato il 60% dei pazienti, in particolare dal Sud al Centro-Nord Italia”. (AdnKronos)