Medicina: sportivi e concussione, appello per la sicurezza

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“Nella boxe ci sono tanti rischi, dobbiamo dare lo spettacolo e dare la possibilità agli atleti di fare spettacolo, ma dobbiamo farlo sempre in sicurezza. I medici e gli arbitri devono vigilare e riconoscere la concussione. Il loro ruolo è fondamentale”. Lo ha detto il campione di boxe, oro olimpico a Pechino, Roberto Cammarelle, che con oltre 90 tra medici, infermieri e fisioterapisti ha partecipato ieri a Chianciano Terme al workshop internazionale su concussione cerebrale.
I lavori sono stati introdotti da Chuck Bogosta, presidente di Upmc International, e da Maurizio Casasco, presidente della Fmsi (Federazione medico sportiva italiana). Obiettivo del workshop è quello di fornire a medici, specialisti e personale sanitario gli strumenti necessari per identificare e diagnosticare correttamente la concussione cerebrale e indirizzare il paziente presso un centro appropriato per il trattamento. Massimiliano Bianco, dirigente medico Policlinico Gemelli di Roma, e presidente della commissione studi e ricerche della Federazione Pugilistica Italiana ha narrato la storia della boxe e le regole che nel tempo sono state elaborate. Bianco ha affermato: “Il pugilato dilettantistico e il pugilato professionistico sono due sport differenti, la gara è diversa per tempi e modi. Il dilettante compete molto più spesso e questo lo espone a maggiori rischi”. All’incontro anche Niamh Lynch, pediatra presso il Bon Secours Health System di Dublino (Irlanda), che gestisce il primo centro di concussione pediatrica irlandese. “I bambini subiscono spesso concussioni cerebrali e non c’è corretta informazione in merito a questo problema. Quindi non ci sono soluzioni e centri disponibili. Questo – ha detto – è un tema molto importante”.
Per Andrea Panzeri, ortopedico e membro commissione medica della Federazione italiana sport invernali, “le concussioni sono spesso sottovalutate anche nello sci, data la velocità e l’origine delle cadute. I medici lavorano molto sulla prevenzione, con caschi e protezioni per la schiena, nello snowboard noi obblighiamo i gli sportivi a utilizzare il casco uguale a quello per lo sci alpino, anche se non c’è ancora una normativa in materia”. “Per poter fare prevenzione bisogna conoscere bene le dinamiche specifiche di un determinato sport”, ha aggiunto Panzeri.
La concussione riguarda anche le persone comuni che non fanno sport. Il recupero dei ‘non atleti’ è più semplice perché non si deve tornare in campo, come ha affermato Marco Quercio, responsabile per la riabilitazione ortopedica e neurologica presso l’Ospedale di Fossano (Cuneo). Con oltre 20.000 pazienti visitati ogni anni, il centro per la Concussione di Upmc a Pittsburgh, diretto da Micky Collins, vanta un’esperienza vasta nel tema della concussione cerebrale, sia per la diagnosi che per il corretto trattamento (che deve essere sempre personalizzato). (AdnKronos)

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