Una serata temporalesca niente male in riva all’Adriatico, dove, dal Friuli fino al nord della Puglia, si sono formati diversi sistemi temporaleschi che stanno dando luogo a forti rovesci di pioggia e a temporali, localmente anche di forte intensità. Tutto merito dello sfondamento dagli “intagli” naturali delle Alpi Dinariche, dei primi spifferi di bora che ancora prima di raggiungere le coste di Veneto, Romagna, Marche e Abruzzo hanno fin da subito scalzato verso l’alto, in modo piuttosto brusco, l’aria calda e umida compressa da giorni nei bassi strati. L’aria più fresca, ma anche secca, trasportata dai primi refoli di bora si è incuneata al di sotto della massa di aria molto calda e impregnata di umidità, riuscendo a sollevare in maniera forzata quest’ultima verso l’alto, creando così intensi moti convettivi che si sono propagati fino all’alta troposfera.
Quest’aria molto calda e piuttosto umida sollevandosi di colpo verso l’alto ha cominciato a espandersi, raffreddandosi sensibilmente. Il contenuto di umidità presente all’interno della massa d’aria una volta raggiunta una certa quota, raffreddandosi repentinamente, si è condensato, favorendo lo sviluppo di imponenti nubi torreggianti, alte fino a più di 10-12 km, che hanno dato la stura a piogge, rovesci e temporali, caratterizzati da una intensa attività elettrica, con numerosi fulmini “nube-suolo” e “nube-nube”. Le prime “cellule temporalesche”, agevolate dallo sfondamento delle prime folate di bora, si sono formate in serata fra il basso Friuli, la costa veneziana e l’area del delta del Po, dove nel giro di pochi minuti i forti “updrafts” (moti ascensionali) creati dall’irrompere dei venti orientali sul “cuscino di aria calda e umida” presente al suolo hanno generato dei grossi cumulonembi temporaleschi, forieri di piogge e persino, localmente, di grandinate, accompagnate da forti colpi di vento e fulminazioni ininterrotte.
Difatti proprio in queste aree, durante la fase clou dei temporali, sono state segnalate delle grandinate con chicchi anche di medie e grosse dimensioni. Questi fenomeni così intensi, in modo particolare le grandinate, sarebbero da ascrivere al fortissimo “gradiente igrometrico verticale” che si è venuto a creare in loco, fra l’aria molto calda e umida, stagnante al suolo da diversi giorni, e l’aria più fresca e secca che è sopraggiunta alle quote superiori della troposfera. In genere, come avviene sovente lungo le vaste praterie degli Stati Uniti e del Canada meridionale, questa combinazione, fra aria fredda e secca in quota, e aria calda e umida nei bassi strati, è ideale per le forti grandinate, che a volte possono divenire veramente estreme, tanto da causare danni ingentissimi e il decesso delle persone che non riescono a mettersi al riparo dalle precipitazioni meteorica.
In queste situazioni, con fortissimi divari “igrometrici”, succede che all’attivarsi delle forti correnti ascensionali, l’aria che tende velocemente ad ascendere verso l’alto, a contatto con lo strato di aria secca presente in alta quota, si raffredda più velocemente dell’aria più umida presente negli strati inferiori, favorendo un elevatissimo “CAPE” (energia potenziale per l’attività convettiva) che fornisce le energie necessarie per lo scoppio di fenomeni temporaleschi estremamente violenti. Oltre ai temporali che hanno interessato il Friuli e le coste venete un altro sistema convettivo, ben più grosso, nelle stesse ore prendeva forma sopravento al versante orientale dell’Appennino, a ridosso dell’Abruzzo meridionale e del Molise.
Questo sistema temporalesco si è rapidamente evoluto in un autentico “Cluster temporalesco”, con temperature che toccavano i -60°C in prossimità della sommità del sistema convettivo. Il “Cluster temporalesco” dal basso Abruzzo e dal Molise è scivolato verso il nord della Puglia, interessando marginalmente pure parte dell’entroterra campano, dispensando su questi piogge e forti rovesci, accompagnati da una notevole attività elettrica. Anche qui lo scoppio del “forcing” convettivo è stato agevolato dall’arrivo delle prime modeste raffiche da NE che hanno costretto l’aria calda e umida preesistente al suolo a balzare di colpo verso l’alto, originando intensi moti ascensionali che hanno alimentato lo sviluppo dei grossi cumulonembi.
In questo caso pero il “forcing” orografico esercitato dai monti dell’Abruzzo meridionale e del Molise ha avuto un ruolo fondamentale nell’amplificare i già intensi moti convettivi, costringendo l’aria calda e molto umida presente nei bassi strati ad ascendere bruscamente verso le alte quote, in maniera anche molto turbolenta. Ciò spiega perché questa “multicella temporalesca” abbia preso una notevole forma a ridosso della catena appenninica.