Illuminare il cervello per capire come funziona e cosa succede quando si ammala, ma anche in futuro per curarlo con nuovi strumenti. I ricercatori dell’Iit-Istituto italiano di tecnologia di Lecce e dell’Hms-Harvard Medical School di Boston hanno realizzato una microsonda ottica che permette di controllare l’attività elettrica cerebrale, proiettando luce in modo uniforme su grandi volumi dell’organo o ‘accendendone’ zone distinte. Il lavoro è pubblicato su ‘Nature Neuroscience’ e rappresenta, secondo gli scienziati dell’Iit, “un primo passo verso la realizzazione di dispositivi poco invasivi per la diagnosi e la terapia di disordini neurologici e psichiatrici e di patologie neurodegenerative, poiché permette di esplorare le aree più profonde del cervello”. Lo studio è guidato da Ferruccio Pisanello e Massimo De Vittorio dell’Iit di Lecce, in collaborazione con il laboratorio di Bernardo Sabatini dell’Hms americana. Pisanello è responsabile del laboratorio Iit di Multifunctional Neural Interfaces e titolare di un grant dell’Erc-European Research Council; De Vittorio è coordinatore del centro Iit di Lecce e impegnato, insieme a Sabatini, in un progetto finanziato dagli Nih-National Institutes of Health statunitensi. La microsonda è stata costruita all’Iit di Lecce e validata all’Hms di Boston. La tecnologia realizzata – spiegano dall’Iit – si inquadra nell’ambito dell’optogenetica che sfrutta la possibilità di attivare o inibire l’attività dei neuroni attraverso la luce. Uno dei maggiori limiti delle tecniche optogenetiche sta nella difficoltà di distribuire in modo controllato la luce nel tessuto cerebrale, opaco e non adatto alla propagazione dei raggi. Gli scienziati italiani hanno cercato di superare di questo limite e sembrano esserci riusciti. La microsonda è costituita da una fibra ottica a forma di cono, la cui punta ha le dimensioni di circa 500 nanometri, cioè è 20 volte più piccola di una cellula neuronale. La sua struttura è stata progettata in modo da ottenere una guida ottica in grado di adattare il fascio di luce alla regione cerebrale di interesse, senza spostare il dispositivo. La grande flessibilità della microsonda permette di illuminare aree del cervello con ampiezze diverse, su regioni alternate, in direzioni prestabilite e con tempi e frequenze di illuminazione variabili. Il suo utilizzo consente di analizzare lo scambio di informazioni tra le cellule nervose interconnesse in rete. In concreto, grazie alla microsonda i ricercatori possono esplorare zone cerebrali al di sotto della corteccia in modo non invasivo, così da mettere in evidenza il legame tra l’attività elettrochimica di alcune regioni neuronali e il controllo del comportamento in modelli animali. La sonda permette infatti di intervenire in modo selettivo e controllato su specifici gruppi di neuroni, attivando con la luce uno o più microcircuiti contemporaneamente. I risultati si inquadrano nella cornice del progetto ‘Modem’, coordinato da Pisanello e finanziato dall’Erc con uno ‘Starting grant’ a partire dal 2016. Lo scopo della ricerca è lo sviluppo di uno strumento molto preciso e a bassa invasività con cui sia possibile intervenire sul cervello, sia per monitorarne l’attività sia per ristabilirne il corretto funzionamento. “In futuro – sperano gli scienziati – la microsonda potrà essere la base per una nuova generazione di dispositivi terapeutici e protesici per il controllo di disordini neurologici e di patologie neurodegenerative”.