Scoperta una nuova specie marina alle Maldivee, si chiama “Turritopsoides marhei”

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È stata scoperta una nuova specie marina: si chiama Turritopsoides marhei ed è un idrozoo, un piccolo organismo lungo fino a tre millimetri che vive in colonie che raggiungono le dimensioni di circa un centimetro. Gli esemplari della nuova specie sono stati osservati su una scogliera corallina delle Maldive, in ambiente tropicale e sono in grado di vivere sia su un substrato inorganico, sia su spugne e altre formazioni organiche. La nuova specie identificata dai ricercatori dell’Università di Milano-Bicocca che lavorano nel MaRHE Center (Marine Research and High Education) dell’ateneo, in collaborazione con l’Università Politecnica delle Marche, è descritta in un articolo pubblicato sulla rivista scientifica Marine Biology Research. La denominazione Turritopsoides marhei deriva dal Marhe Center, il centro di ricerca sulle Scienze marine creato dall’Università di Milano-Bicocca nell’atollo di Faafu, isola di Magoodhoo. La nuova specie della famiglia di idrozoe Oceaniidae si differenzia dall’unico altro membro del suo genere, il Turritopsoides brehmeri descritto nel Belize, in America Centrale, per varie caratteristiche morfologiche. Gli idrozoi sono organismi semplici imparentati con coralli e meduse, hanno un ruolo importante all’interno degli ecosistemi che li accolgono e si trovano in tutti i mari, oltre che in alcune acque dolci, ma la nuova specie è stata osservata soltanto nel mare delle Maldive. Gli idrozoi sono importanti per l’ecosistema sia in quanto prede, sia in quanto ”predatori”, perché le colonie possono cibarsi di piccoli animali come vermi marini di modeste dimensioni. Nelle fasi iniziali del loro ciclo vitale non possono riprodursi sessualmente, ma in seguito sviluppano le strutture che permettono la diffusione della specie: i gonofori, che rilasciano spermatozoi e uova. Il gruppo di ricerca formato da Davide Maggioni, Stefania Puce, Davide Seveso e Simone Montano, coordinato da Paolo Galli, ha individuato le colonie in un primo momento a occhio nudo, nel corso di varie immersioni: a quel punto sono cominciati i campionamenti da 3 a 20 metri di profondità, che hanno portato alla coltura in laboratorio della nuova specie e in seguito al suo studio approfondito. Per svolgere questa attività sono stati usati due diversi tipi di microscopi: lo stereomicroscopio, che consente una visione tridimensionale dell’organismo nel suo complesso, e il microscopio ottico, che permette invece ingrandimenti maggiori, misurazioni precise al micron e l’analisi sistematica di singole componenti anatomiche e altri dettagli. A rendere possibile l’identificazione della nuova specie, il confronto con i dati presenti nella letteratura scientifica: ai campionamenti effettuati a partire dal 2015, infatti, è seguito il confronto con esemplari della specie simile ritrovata in Belize, condotta anche grazie a campioni inviati appositamente dal Canada dove erano conservati. “L’Oceano Indiano è poco esplorato – spiegano Paolo Galli, professore di Ecologia, e Davide Maggioni, dottorando all’Università di Milano-Bicocca – nonostante ospiti un’incredibile varietà di forme di vita. È importante comprendere la reale biodiversità di questi ambienti fragili, soprattutto in un momento di cambiamento climatico come quello odierno: la conoscenza approfondita degli organismi che abitano questi ecosistemi è infatti essenziale per qualsiasi altro tipo di studio ed è quindi fondamentale poter usufruire di centri di ricerca ”sul campo” come il Marhe Center alle Maldive“.

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