Strage di Ustica, appello a Gentiloni: rendere pubbliche le carte dopo 37 anni

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“Vogliamo che gli appelli a far luce su quanto accadde quella notte non restino facile retorica, ma si traducano in risultati concreti ed evitino di delegittimare i risultati consolidati nei giudizi penali di ogni ordine e grado”. Inizia così la lettera rivolta al Presidente del Consiglio, Paolo Gentiloni perché venga rivelata la verità sulla esplosione del Dc9 Itavia di Ustica, che chiede al premier “di voler rendere pubblica quella documentazione che abbiamo motivo di ritenere sgombererebbe il campo voci, falsità e manipolazioni che hanno creato sul caso Ustica un immaginario collettivo totalmente fuorviante”. Un appello con le firme di Giuliana Cavazza presidente onorario ‘Associazione Verità sul disastro aereo di Ustica’, figlia di una delle vittime, Lamberto Bartolucci già Capo di Stato Maggiore Aeronautica e Difesa, Eugenio Baresi, segretario Commissione Stragi XII legislatura, Vincenzo Manca, senatore e vice presidente Commissione Stragi XIII Legislatura, Carlo Giovanardi, senatore e già ministro dei Rapporti con il Parlamento, Marcello Di Donno, ammiraglio già Capo di Stato Maggiore Marina, Leonardo Tricarico, generale già Capo di Stato Maggiore Aeronautica. Hanno firmato inoltre Gregory Alegy, storico giornalista, Franco Bonazzi, esperto aeronautico, Riccardo Durione, pilota professionista, Francesco Farinelli, ricercatore Storia contemporanea, Luciano Forzani, pilota collaudatore, Paolo Mezzanotte, ingegnere aeronautico, Alberto Notari, ingegnere aeronautico, Adalberto Pellegrino, presidente associazione piloti, Giuseppe Scandurra, procuratore generale militare e Isabella Stifani, giornalista aeronautica. “Come Associazione per la Verità su Ustica, costituita ormai da due anni sotto la presidenza della figlia di una delle vittime innocenti – si legge nel testo – abbiamo di recente appurato che l’Italia non ha mai presentato all’Icao, l’agenzia dell’Onu che sovrintende all’aviazione civile mondiale, il rapporto finale sulle cause della distruzione del DC-9. Si tratta di un atto richiesto dalle convenzioni internazionali, che vede l’Italia inadempiente. Più che chiedere di conoscere a chi spetti colmare la lacuna e perché a ciò non si sia provveduto, riteniamo necessario sottolineare la necessità di fare chiarezza su un evento così drammatico”. “Gli esiti del processo penale hanno infatti recepito la perizia tecnica d’ufficio sottoscritta da 11 dei maggiori esperti mondiali di aviazione, che identificò senza alcun dubbio la causa della perdita del DC9 Itavia nella esplosione di una bomba nella toilette di bordo – scrivono nell’appello Giovanardi e gli altri – . Tale perizia è diffusamente accettata in tutto il mondo e non è mai stata smentita in giudizio, al contrario delle 29 fantasiose ipotesi che si sono succedute negli anni. La sua mancata ufficializzazione appare tanto più improvvida oggi che gli attentati terroristici agli aerei di linea sono una minaccia costante”. “Le sentenze penali, passate in giudicato da tempo, hanno stabilito che non vi fu alcuna battaglia aerea, che non vi fu alcun missile e che le narrazioni giornalistiche sono materiale per romanzi di spionaggio sui quali non è possibile fondare sentenze. Hanno inoltre stabilito che non vi furono né depistaggi né comportamenti infedeli da parte dei vertici dell’Aeronautica Militare”, si legge nel testo. “Le sentenze civili che hanno accolto l’ipotesi del missile lo hanno fatto non solo applicando criteri di prova meno stringenti, ma soprattutto perché lo Stato non ha prodotto in giudizio le sentenze penali, lo ha fatto in ritardo e non ha in genere difeso l’impegno rigoroso dei giudici penali. Per questo i cittadini italiani, che hanno già versato 62 milioni di Euro per il doveroso indennizzo ai familiari delle vittime, dovranno pagare altri 300 milioni di Euro di risarcimento alla Società Itavia ed altri, sulla base di un’ipotesi che non ha mai superato il vaglio dibattimentale”. “Su questo potrebbero gettare nuova luce carte che – nonostante il Presidente del Consiglio Matteo Renzi avesse annunciato di aver tolto il segreto di Stato su tutta l’enorme mole di documentazione dell’inchiesta su Ustica – restano ancora coperte da segreto e non divulgabili”, aggiungono nella lettera indirizzata al premier. “Associandoci a quanto deliberato dal Senato il 6 aprile 2017, in questo 37° anniversario le chiediamo di voler rendere pubblica quella documentazione che abbiamo motivo di ritenere sgombererebbe il campo voci, falsità e manipolazioni che hanno creato sul caso Ustica un immaginario collettivo totalmente fuorviante”, conclude la lettera.

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