Tumori, dalla chemio al farmaco: svolta per la terapia per il cancro alla prostata aggressivo

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Dal congresso dell’American Society of Clinical Oncology (Asco), in corso a Chicago, svolta nella terapia del cancro della prostata. Con l’aggiunta di un farmaco, l’abiraterone, finora usato quando gli altri trattamenti avevano fallito, alla terapia ormonale standard per gli uomini con metastasi già al momento della diagnosi, si riduce del 38% il rischio di decesso. I dati dello studio di fase 3 Latitude, condotto su 1.200 uomini, sono stati presentati oggi durante la sessione plenaria dell’Asco: abiraterone ha più che raddoppiato il tempo medio intercorso prima che la malattia ricominciasse a progredire, da 14.8 a 33 mesi. Il farmaco e’ stato dato al posto della chemioterapia. ”Per gli uomini che ricevono una diagnosi di cancro alla prostata in fase avanzata, questo rappresenta un’evoluzione di trattamento, un nuovo efficace approccio. Dalla chemioterapia a abiraterone – commenta Sumanta Kumar Pal, esperto dell’Asco – E’ una buona notizia per questi pazienti, poiché trattare la malattia con abiraterone può significare vivere più a lungo con un ridotto impatto di effetti collaterali”. ”Il risultato terapeutico che abbiamo osservato in questo studio, dato dall’uso precoce di abiraterone – sottolinea Karim, a capo del Department of Cancer Medicine al Gustave Roussy, University Paris-Sud di Villejuif – è comparabile a quello della chemio, dimostrato negli studi già effettuati. La differenza è che il farmaco è molto più tollerabile, tanto che molti pazienti non riportano nessun effetto collaterale”. I dati sono stati anche selezionati per ”Best of Asco” Meetings, come risultati scientifici più innovativi e a maggior impatto per i malati. ”Nel 2015, nei pazienti con la forma di malattia più aggressiva – spiega Giuseppe Procopio, responsabile dell’Oncologia medica genitourinaria della Fondazione Irccs Istituto nazionale dei tumori di Milano – la chemioterapia è diventata la prima linea di trattamento insieme all’ormono terapia standard, ciò ha permesso un allungamento della sopravvivenza che prima non eravamo in grado di ottenere per questi pazienti. Fino a oggi”. Secondo l’esperto, ”con lo studio Latitude per la prima volta è stata valutata l’efficacia di un approccio che avesse, nonostante l’avanzamento della malattia di pazienti coinvolti, non la chemioterapia come prima opzione, bensì la combinazione di abiraterone e terapia ormonale. Ovvero una terapia orale, somministrabile a domicilio, con evidenti vantaggi per il paziente in termini di qualità di vita, di impatto sulla quotidianità e di tollerabilità”. I risultati emersi ”aprono nuovi orizzonti, non solo per l’efficacia osservata ma anche per la qualità di vita che questo cambiamento può offrire”. ”La disponibilità di questi dati offrirà la possibilità di selezionare il trattamento più appropriato per diverse tipologie di pazienti con cancro della prostata, soprattutto per quelli che arrivano alla diagnosi con tumore in fase avanzata”, commenta Sergio Bracarda, direttore del dipartimento oncologico dell’azienda Usl Toscana sud est, ospedale di Arezzo. (AdnKronos)

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