La sclerosi multipla potrebbe nascere nell’intestino. A indicare la nuova ‘pista’ è uno studio dell’Irccs ospedale San Raffaele di Milano, che svela un possibile ruolo chiave del microbiota nell’origine della malattia neurologica. Il lavoro, finanziato dall’Aism (Associazione italiana sclerosi multipla) e dalla sua Fondazione Fism, è pubblicato su ‘Science Advances’ e ha scoperto un legame tra l’anomalia della flora batterica intestinale, l’attività del sistema immunitario e l’andamento della patologia.
“Nell’intestino dei pazienti colpiti da sclerosi multipla recidivante-remittente“, la forma che alterna crisi e recuperi, “durante le fasi che precedono la riattivazione della malattia si osserva un’alterazione del microbiota e la corrispondente proliferazione di un tipo di globuli bianchi considerati fondamentali nello sviluppo della patologia“, riassumono dall’Istituto del gruppo ospedaliero San Donato.
Lo studio è coordinato da Marika Falcone, ricercatrice della Divisione di immunologia, trapianti e malattie infettive del San Raffaele, e Vittorio Martinelli, neurologo del Centro sclerosi multipla diretto da Giancarlo Comi. “I risultati, che dovranno ulteriormente essere confermati da studi futuri – precisano gli autori – supportano l’ipotesi di un ruolo importante dell’intestino nell’evoluzione della malattia: secondo questa teoria, l’attivazione patologica delle cellule del sistema immunitario avviene principalmente nell’intestino, meccanismo già provato nel caso dell’Encefalite autoimmune sperimentale (Eae), il modello sperimentale della sclerosi multipla“.
I ricercatori di via Olgettina hanno analizzato i tessuti dell’intestino di 19 malati di sclerosi multipla recidivante-remittente e di 18 persone sane. Il primo gruppo, a distanza di 2 anni dalla raccolta dei campioni, è stato ulteriormente diviso in 2 sottogruppi: pazienti con malattia in fase attiva e pazienti in fase di remissione. L’analisi ha permesso di censire le popolazioni di batteri e di cellule del sistema immunitario presenti a livello intestinale e di mettere in relazione questi dati con lo stato di attività della malattia.
Nell’intestino dei pazienti con malattia in fase attiva si è così osservata una quantità aumentata di un particolare tipo di linfociti T, i TH17, noti per essere “le prime cellule del sistema immunitario a superare la barriera ematoencefalica e a raggiungere il sistema nervoso centrale, contribuendo al danno del rivestimento mielinico“, sottolinea Falcone. Siccome poi “una molecola da loro prodotta, l’interleuchina-17 (IL-17), è presente in alte dosi nelle lesioni cerebrali tipiche della malattia“, i linfociti TH17 sono fra le cellule immunitarie più fortemente indiziate come responsabili della sclerosi multipla.
Successivamente gli scienziati hanno cercato di capire se l’espansione di linfociti TH17 nell’intestino dei pazienti con sclerosi multipla fosse associata a uno squilibrio delle popolazioni batteriche che normalmente lo abitano. Microrganismi che regolano numerose attività del nostro organismo, tra cui proprio il funzionamento del sistema immunitario. Ebbene, i ricercatori hanno evidenziato che nei pazienti con malattia attiva, con ricadute cliniche o documentate dalla risonanza magnetica, c’erano “due vistose anomalie: una quantità ridotta di Prevotella, batterio che riduce il differenziamento dei linfociti in cellule TH17, e l’aumento di due ceppi di Streptococco (oralis e mitis) che solitamente risiedono nella cavità orale e hanno notevoli capacità infiammatorie“.
“I risultati del nostro studio suggeriscono un ruolo importante della flora batterica intestinale nella patogenesi della sclerosi multipla recidivante-remittente“, afferma Falcone.
“Ciò non deve stupire“, aggiunge, perché “le popolazioni batteriche che vivono nel nostro intestino interagiscono continuamente con il sistema immunitario. L’alterazione del loro equilibrio favorisce uno squilibrio immunologico a livello intestinale ma anche sistemico, con conseguenze importanti nel campo di tutte le malattie immuno-mediate, e in particolare delle patologie autoimmuni come la sclerosi multipla o il diabete di tipo 1“.
“Lo studio sulle possibili relazioni tra microbiota e sclerosi multipla, campo nuovo ma in rapida espansione – commenta Martinelli – non è importante solo per la comprensione dei meccanismi patogenetici della sclerosi multipla, ma potrebbe anche avere un ruolo nel decorso della malattia e nella risposta ai trattamenti“. (AdnKronos)