Un gruppo di ricercatori coordinato dall’Università di Modena e Reggio Emilia e dall’Istituto Firc di oncologia molecolare di Milano ha analizzato e confrontato i diversi metodi matematici per ricostruire al computer la forma 3D del genoma. I risultati pubblicati dalla rivista scientifica ‘Nature Methods’ dimostrano la potenza di combinare strumenti computazionali e tecniche genomiche per svelare con sempre maggior dettaglio la struttura del Dna all’interno delle nostre cellule. Determinare la struttura tridimensionale del Dna permette infatti di comprendere l’utilizzo del genoma, identificare le modificazioni conformazionali che trasformano le cellule e potrebbe anche contribuire a sviluppare strategie più precise ed efficaci per correggere i loro comportamenti aberranti. Ma ad oggi la tecnica Hi-C, la più sofisticata per una fotografia completa delle centinaia di milioni di contatti tra frammenti diversi di Dna all’interno del nucleo, ha creato un nuovo problema da risolvere: come sviluppare, ottimizzare e armonizzare i diversi metodi computazionali per l’analisi dei dati? La sfida è stata raccolta da un gruppo tutto italiano di scienziati coordinati da Silvio Bicciato di Unimore e da Francesco Ferrari di Ifom. Dallo sforzo congiunto di bioinformatici, biologi, biotecnologi e ingegneri è nata la prima analisi esaustiva dei più complessi strumenti informatici per l’identificazione sistematica della struttura tridimensionale del Dna a partire dai dati di conformazione della cromatina. “Siamo partiti raccogliendo tutti gli algoritmi e i software disponibili per lo studio dei dati prodotti da Hi-C e li abbiamo applicati a decine di campioni rappresentanti tipi cellulari diversi per verificare l’efficacia di ciascun metodo nell’identificare interazioni e strutture tridimensionali del Dna“, spiega Mattia Forcato, ricercatore del Dipartimento di Scienze della Vita dell’Unimore. “L’enorme mole di dati analizzati e il numero di algoritmi confrontati ci hanno permesso di fornire un’immagine dettagliata di quali siano i punti di forza e i limiti degli strumenti bioinformatici attualmente disponibili per lo studio dei contatti del Dna all’interno del nucleo – aggiunge Ferrari, che nel 2015 ha aperto il laboratorio di Genomica computazionale all’Ifom – Questo studio è nato dall’esigenza di fare chiarezza in un campo in rapida evoluzione come lo studio dell’architettura 3D del Dna. Noi stessi stiamo già usando questi risultati per migliorare la caratterizzazione dell’organizzazione spaziale del genoma“. “Fornire le basi computazionali per studiare il ruolo della struttura tridimensionale del Dna e delle sue modificazioni è un passaggio fondamentale per identificare quei processi molecolari che portano alla rigenerazione dei tessuti o alla crescita tumorale“, spiega Bicciato, a capo dell’Unità di bioinformatica del Centro interdipartimentale di ricerche genomiche. “Se arriviamo a comprendere come le cellule sfruttano la struttura del genoma nelle loro trasformazioni – aggiunge – possiamo concretamente aumentare le nostre possibilità di intervenire per correggere quei meccanismi che, ad esempio, sono fattori chiave della trasformazione tumorale“.