Mentre si intensifica la crisi ambientale legata ai cambiamenti climatici mettendo a rischio, a livello globale, gli approvvigionamenti di acqua, cibo ed energia, l’Europa lancia il progetto Dafne che, nell’ambito del maxi programma Horizon 2020, raccoglie la sfida di gestire la domanda globale di queste tre risorse. “Una domanda in continuo aumento insieme all’esigenza di sostenibilità” spiega il Politecnico di Milano che ha un ruolo di punta nel programma Dafne. Obiettivo del progetto Dafne è “definire metodi e strumenti per l’analisi e il supporto alle decisioni in contesti internazionali caratterizzati da forte competizione per l’utilizzo della risorsa idrica per energia e cibo” segnala il PoliMi che partecipa al progetto insieme al Politecnico Federale di Zurigo che ha il ruolo di coordinatore, all’Università dello Zambia, alla Eduardo Mondlane University, ad Acess, Ku Leuven, all’Università di Aberdeen, all’Università di Osnabreuck, a Icre8, Iwmi, Atec-3D, Eipcm e Vista gmbh. Dafne, spiega l’Ateno italiano, “sarà in pratica un modello decisionale che integrerà strumenti di analisi dei sistemi provenienti da diverse discipline – modelli matematici, algoritmi di ottimizzazione, previsioni di scenari climatici e socio-economici, immagini satellitari e campagne di rilievo ad alta risoluzione tramite drone- considererà congiuntamente la dimensione economica, sociale ed ambientale e coinvolgerà i portatori di interesse“. Istituzioni, esperti di varie discipline e organizzazioni della società civile presenti sul territorio dei due casi-studio, entrambi in Africa e scelti in regioni in forte sviluppo quali i bacini idrografici dei fiumi Omo e Zambezi, sono infatti invitati a partecipare al progetto “portando il loro patrimonio di conoscenze e avendo la possibilità di indirizzarne le scelte” secondo un approccio metodologico sviluppato dal gruppo italiano di ricerca guidato da Andrea Castelletti del Dipartimento di Elettronica, Informazione e Bioingegneria del Politecnico di Milano. I due casi studio, i bacini idrografici dei fiumi Omo e Zambezi, “presentano, infatti, problematiche simili: grandi interventi infrastrutturali hanno modificato e modificheranno significativamente il regime idrologico e l’utilizzo della risorsa idrica causando effetti sia positivi che negativi distribuiti in modo disomogeneo tra le nazioni confinanti” sottolinea ancora il PoliMi. Le peculiarità dei due casi, che li rendono complementari e adeguati a testare gli strumenti sviluppati dal Politecnico di Milano, “sono invece relative al contesto istituzionale in cui si muovono gli attori. Il fiume Omo, che nasce e scorre interamente in Etiopia per poi sfociare nel Lago Turkana, prevalentemente in Kenya, rappresenta un contesto in forte evoluzione dove un programma di costruzione di grandi dighe è tuttora in corso e non risultano in atto misure di coordinamento a livello transnazionale” segnala l’Ateneo meneghino. Diversamente, “le acque dello Zambezi, quarto fiume africano per lunghezza, sono sfruttate a scopi idroelettrici, potabili e irrigui ed esiste un’autorità sovranazionale che considera e coordina gli opposti interessi” aggiunge il PoliMi. Le infrastrutture principali, indica l’Ateneo italiano, “sono state realizzate e operano già a partire dagli anni ’60, ma i programmi futuri di intervento delle otto nazioni coinvolte nel suo corso prevedono nuove dighe e un aumento significativo della capacità di produzione energetica. Il rischio che gli attuali equilibri dell’area vengano alterati è dunque reale ed è necessaria un’accurata azione di pianificazione“. Nell’ambito del progetto saranno inoltre considerati diversi scenari futuri, dove le proiezioni climatiche verranno combinate con le opzioni di intervento infrastrutturale previste e i trend demografici ed economici nelle zone oggetto di studio. “Tutti i dati raccolti e le informazioni generate confluiranno in un Laboratorio di Negoziazione Virtuale, dove i partecipanti al progetto potranno analizzare, nel tempo, gli impatti sociali, economici ed ambientali dei vari scenari sulla distribuzione e la produzione di acqua, cibo ed energia, valutando opportune misure di adattamento” e, evidenzia il PoliMi, Dafne “potrà essere ovviamente adattato anche in altri contesti“.