Ad oggi sono 6.000 le opere ricoverate dopo il Terremoto nel deposito a Santo Chiodo di Spoleto, “una struttura unica in Italia, realizzata con grande preveggenza dalla Regione Umbria, con la quale stiamo collaborando per la messa in sicurezza del maggior numero di opere, e per il loro restauro, grazie alla collaborazione con l’Opificio di Firenze”: cosi’ la soprintendente archeologica e coordinatrice dell’Unita’ di crisi dell’Umbria per il Mibact, Marica Mercalli. “Non operiamo alcuna selezione delle opere da recuperare e mettere in sicurezza bensi’ cerchiamo di salvarne quante piu’ possibile, ed in alcuni casi si tratta di interventi di recupero molto complessi, da realizzare dopo aver messo in sicurezza gli edifici pericolanti. Quindi contiamo di portare altre opere nel deposito di Spoleto”, ha detto oggi Mercalli in una conferenza stampa a Perugia.
Anche per il direttore dell’Opificio delle pietre dure di Firenze, Marco Ciatti, il “ricovero” di Santo Chiodo e’ “fondamentale” perche’ in questi casi “occorre stabilizzare le opere e fare interventi parziali in tempi rapidi per evitare che il degrado del bene vada avanti”. Ciatti ha ricordato che il lavoro che viene svolto nel deposito e’ quello “di messa in sicurezza e archiviazione, con la redazione di una scheda conservativa da dare poi in mano alla soprintendenza per indicare cosa e’ stato fatto e cosa c’e’ da fare ancora”.