Uno studio coordinato dalla Carnegie Institution for Science di Washington e pubblicato su American Mineralogist dimostra come grazie all’uso dei Big Data geologi e mineralogisti hanno potuto stimare l’esistenza di almeno 1.500 minerali ancora sconosciuti, indicando anche i possibili giacimenti in cui trovarli. In futuro la stessa tecnica potrebbe essere impiegata anche in ambito spaziale, per capire meglio la composizione e l’evoluzione di altri pianeti come Marte. “I Big Data sono una gran cosa”, commenta il coordinatore dello studio, Robert Hazen. “Ormai se ne sente parlare in ogni campo, dalla medicina al commercio: perfino l’Agenzia per la sicurezza nazionale degli Stati Uniti (Nsa) li usa per analizzare le registrazioni telefoniche, ma fino a poco tempo fa nessuno aveva applicato i Big Data alla mineralogia e alla petrologia. Penso che accelereranno la scoperta di minerali in modi che ancora non possiamo neanche immaginare”.