“Il mediatore culturale è un agente bilingue che media tra partecipanti monolingue ad una conversazione appartenenti a due comunità linguistiche differenti“. Questa è solo una delle definizioni trovate online, ma nello specifico il mediatore culturale è anche un “esperto di comunicazione che si occupa di favorire la comprensione e la comunicazione tra individui, gruppi, organizzazioni e servizi appartenenti alla propria cultura e quelli della cultura di cui è competente. Il suo intervento consiste in attività di traduzione linguistica (scritta e/o orale), di intermediazione e di consulenza culturale. A partire da una profonda competenza della lingua orientale e del relativo sistema culturale, l’esperto di comunicazione assume il ruolo di facilitatore della comunicazione e delle relazioni con gli interlocutori“. Questo è quanto si legge sul sito mediatoreinterculturale.it. Definito spesso ‘la professione del futuro‘, quello del mediatore è un ruolo fondamentale all’interno delle moderne dinamiche interculturali. Ma, perché a questo punto bisogna tenere conto di un grande ‘ma‘, l’importanza di questa figura è tale solo quando ci sono competenza e professionalità.
Nel caso dell’ormai tristemente noto Abid Jee di tutto si può parlare tranne che di mediatore culturale. E per svariati motivi. La frase postata dal ventiquattrenne studente (?) di Giurisprudenza, appena sospeso dalla coop “Lai Momo” in cui lavorava, e riferita al terribile stupro di una giovane sposa avvenuto a Rimini ad opera di quattro maghrebini, trasuda ignoranza e mancanza di cultura da ogni dove. Innanzitutto partiamo dal ‘meno peggio’, la grammatica. In Italia, al sud soprattutto, ci sono giovani italiani e stranieri che studiano per svolgere questo mestiere e che sostengono esami su esami, acquisendo una professionalità non indifferente. Il soggetto in questione, invece, non sa nemmeno scrivere in italiano. Il fatto che sia straniero non è una giustificazione, dato che il suo mestiere presuppone una conoscenza pressoché perfetta della nostra cultura e della nostra lingua. Sui contenuti, poi, tanto è stato detto ma ci si potrebbe scrivere ancora un’enciclopedia: può mai fare il mediatore culturale una persona che è intrisa solo di una cultura a senso unico? Una cultura per giunta ‘deformata’, perché, ed è doveroso precisarlo a scanso di equivoci, non tutti i musulmani sono dei violentatori, sebbene l’idea del ruolo della donna nella società sia nettamente diverso da quello del nostro mondo occidentale. E anzi è proprio in questo senso che il mediatore dovrebbe ‘mediare’, per permettere che l’incontro tra due culture così diverse sia il meno traumatico possibile.
Può poi lo stesso ‘mediatore’ scrivere una cosa del genere su un social? Cancellare il post non rende meno grave il fatto di averlo scritto o anche solo pensato. Si tratta, e l’affermazione che segue non ha alcun timore di essere smentita, di un pensiero ‘bestiale’ che di umano ha ben poco. Esattamente come quei quattro luridi violentatori seriali che, purtroppo, non sono ancora stati trovati, forse perché protetti dall’omertà di una sotto-cultura che è la vera causa di tutti i problemi di integrazione dei musulmani in Italia, ed è la vera causa di tutte le ideologie razziste ed eccessivamente nazionaliste che stanno prendendo piede negli ultimi anni in Italia, le quali sono pericolose quasi quanto i violentatori in questione.
Ora, a parte le facili e anche giuste allusioni mosse da molti sul web, ovvero che il caro Abid dovrebbe ‘provare sulla sua pelle’ ciò che afferma e solo dopo esprimere un’opinione, davvero possiamo pensare che si tratta di un episodio casuale? Ovvero, non sarà che quest’idea della donna che, seppur violentata, non soffre così tanto come si potrebbe immaginare, sia comune a più esponenti di questa sotto-cultura gretta e omertosa? Il dubbio è lecito. E dunque non si può biasimare più di tanto chi mostra diffidenza e poca propensione a favorire questa benedetta integrazione, che sembra essere diventato il ‘tarlo’ di alcuni nostri politici. Il razzismo, in qualunque sua forma, è da condannare. Ma non possiamo nasconderci dietro a questo concetto assodato. E’ necessario un cambio di rotta. E’ necessario un maggiore controllo, una maggiore garanzia di sicurezza e una presa di coscienza da parte di tutti. In sostanza: se non sappiamo mediare dobbiamo imparare a farlo, ma prima dobbiamo difenderci. Finché gli italiani divisi arbitrariamente in “buonisti” e “razzisti” continueranno a ‘scannarsi’ tra di loro, non arriveremo a nulla. Se l’Italia, da sola, non è in grado di garantire maggiore sicurezza bisogna chiedere fermamente e a gran voce l’intervento di questa ‘grande Europa’ che sa prendere tanto, ma che in cambio offre il minimo indispensabile.
Gli italiani pensano più a condannare un poliziotto che, stremato dalla guerriglia urbana da cui era circondato da ore, ha motivato i suoi uomini preoccupati dicendo loro “Se tirano qualcosa spaccategli un braccio“, piuttosto che capire come azioni simili e controlli serrati, data la situazione attuale, siano necessari ed opportuni. Come siano l’unico deterrente, l’unico ‘cuscinetto’ che in questo momento possa salvarci dalla barbarie di alcuni elementi che è necessario isolare, se si vuole davvero accogliere qualcuno che possa essere definito ‘risorsa’ con cognizione di causa.
Lo pseudo mediatore culturale che in realtà è un buzzurro senza alcuna cultura, ovvero Abid, lavora all’hub regionale di via Mattei a Bologna, dove vengono smistati i migranti poi ridistribuiti in tutta la regione. La cooperativa per cui lavora ha deciso di sospenderlo in via cautelativa e rischia il licenziamento. E questa è un’altra vergogna. Sospensione e rischio licenziamento non sono sufficienti. Il licenziamento doveva essere immediato, senza alcuna riserva. E invece no, perché poi si rischia di passare per razzisti in questa Italia che non sa distinguere, tra ‘chi gli entra in casa’, gli ospiti dai ladri.
Quel che è certo è che la vita di una giovane coppia è rovinata per sempre. Lui, malmenato, ha dovuto assistere ad uno stupro animalesco perpetrato per ore sul corpo inerme della propria moglie. Lei, segnata a vita, non dimenticherà mai quanto accaduto e non avrà mai più la serenità, la gioia e la spensieratezza che probabilmente aveva fino a pochi giorni fa.