L’annata olearia si prospetta sotto cattivi auspici in termini di quantità prodotte. Si teme un calo della raccolta di olive che, a livello nazionale si prevede sarà del 30% con punte del 50% al Sud, e in particolare in Puglia. A causare i maggiori problemi è ora la perdurante siccità. Una situazione che preoccupa fortemente i coltivatori del Consorzio nazionale degli Olivicoltori, come l’azienda Olio Schirinzi, che lanciano un vero e proprio allarme. “La siccità con un notevole stress idrico sta dando il colpo di grazia a un’annata già difficile per le piante di ulivo”, afferma all’Adnkronos Gaetano Bonasia, agronomo del Consorzio nazionale degli Olivicoltori e direttore tecnico della Op Oliveti terra di Bari. “Il calo della produzione dovrebbe essere intorno al 30% tuttavia la qualità è salva, – prosegue Bonasia – lo possiamo dire fin da adesso, sarà un’annata eccezionale sotto quel profilo anche perché non abbiamo avuto il problema della mosca”. Gli ulivi pugliesi, infatti, soprattutto nel barese dove si concentra il 60% della produzione nazionale di olio d’oliva italiano, hanno subito una serie di problemi a causa dei cambiamenti climatici, a cominciare dal calo termico di gennaio dovuto alle abbondanti nevicate e alla caduta di frutti freschi tra maggio e giugno a cui si è aggiunta la siccità e, ultima in ordine di tempo, la forte grandinata che si è abbattuta il 12 agosto ha causato la perdita del 70% delle olive che sono finite in terra in certe zone del Tavoliere.
Quanto alla Xylella fastidiosa che ha seminato vittime tra gli uliveti secolari del Salento la situazione si può definire “sotto controllo” anche se molti alberi sono stati abbattuti ma almeno è stata arginata la diffusione del batterio che se non viene fermato viaggia al ritmo di 20 km l’anno verso nord. In Sicilia e Calabria, tra le regione più vocate all’olivicoltura dopo la Puglia, si è aggiunto poi il problema del tripide che ha causato gravi perdite di fiori e quindi di frutti. La soluzione auspicata dagli olivicoltori sarebbe quella di un aumento della coltivazione attraverso nuovi impianti di uliveti intensivi. “Non siamo a favore di uliveti super intensivi- spiega Bonasia – ma occorre aumentare la produzione con gli impianti di uliveti intensivi con 350-400 piante per ettaro, contro le attuali 200 con cultivar italiani e non stranieri. Inoltre, servirebbe pianificare l’irrigazione nei campi desalinizzando l’acqua del mare e, prendendo a modello il sistema israeliano, dove l’acqua scarseggia. Per fare tutto questo però servirebbero gli aiuti, una ocm dell’olio, non solo del vino”.