Una ricerca dell’Istituto di genetica e biofisica ‘Adriano Buzzati-Traverso‘ del Consiglio nazionale delle ricerche di Napoli (Igb-Cnr), condotta in collaborazione con l’Ospedale pediatrico Bambino Gesu’ di Roma e con l’Universita’ di Ferrara, ha scoperto che l’ereditarieta’ dell’Incontinentia pigmenti non e’ solo materna: le forme familiari della malattia genetica rara che colpisce le bambine possono, infatti, essere trasmesse anche dal padre. Lo studio e’ pubblicato sulla rivista internazionale Pediatrics. “Questa malattia e’ letale nei maschi: per questo si e’ sempre ritenuto che l’eredita’ fosse solo materna. Le pochissime eccezioni documentate di maschi con Incontinentia pigmenti sopravvivono perche’ la mutazione stabilisce nelle cellule somatiche una situazione di ‘mosaicismo’, cioe’ l’espressione contemporanea di diversi patrimoni genetici nello stesso individuo – spiega Matilde Valeria Ursini dell’Igb-Cnr, coordinatrice dello studio -. In pratica, i bambini di sesso maschile non ereditano la malattia dai genitori ma la mutazione avviene nelle cellule del feto maschio. In questi pazienti la possibilita’ di diagnosticare la presenza delle cellule malate nel sangue periferico era fino ad oggi assai scarsa“. I risultati dello studio forniscono una nuova opportunita’ diagnostica attraverso il prelievo non invasivo di tessuti del paziente, quali urine e liquido seminale.
“Sorprendentemente, abbiamo identificato due casi familiari di trasmissione dell’Ip padre-figlia e abbiamo dimostrato che la diagnosi molecolare puo’ essere effettuata nelle cellule del sedimento, nelle urine e nel liquido seminale. In questi tessuti le cellule malate permangono fino all’eta’ adulta e possono essere identificate e caratterizzate geneticamente. Inoltre, tali cellule nel liquido seminale possono fecondare e trasferire la mutazione alle figlie femmine, con una trasmissione paterna, come e’ avvenuto nei due casi descritti. Quindi il nostro studio, oltre a indicare un metodo di diagnosi genetica nei maschi Ip, dimostra che, una volta avvenuta la mutazione, c’e’ il rischio che questa possa essere trasmessa alle figlie. Questo rischio puo’ essere evidenziato mediante la ricerca delle cellule mutate nel liquido seminale dei pazienti maschi“, commenta Matilde Valeria Ursini.
“Grazie alla stretta collaborazione tra centri clinici e il Cnr, oggi, possiamo dare una risposta molecolare anche a questo sottogruppo di pazienti”, precisano May El Achem e Andrea Diociauti dell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesu’. Lo studio e’ stato realizzato grazie all’utilizzo di dati e materiale biologico depositato presso la biobanca genetica per Incontinentia pigmenti (Ipgb) dell’Igb-Cnr di Napoli, nodo del network Bbmri-Eric (biobanking and biomolecular resources research infrastructure-european research infrastructure consortium).
“Centralizzare i campioni depositati e le informazioni dei pazienti e’ preziosissimo per lo studio di una malattia rara, facilita enormemente il raggiungimento di nuovi risultati scientifici, rende il materiale omogeneo e di piu’ facile utilizzo per la ricerca e permette di rendere immediatamente disponibili le nuove conoscenze acquisite. Abbiamo al momento circa 40 casi Ip di sesso maschile conservati nella biobanca Ipgb-Cnr, che beneficeranno delle informazioni derivanti da questo studio sia per una diagnosi molecolare sia per un’adeguata consulenza genetica“, aggiunge la responsabile Francesca Fusco. Lo studio e’ stato reso possibile grazie al contributo dell’Associazione italiana di pazienti affetti da Incontinentia pigmenti, Ipassi Onlus.