di Stefano Carlino e Giampiero Petrucci – Nel linguaggio corrente partenopeo l’espressione dialettica “qui succede Casamicciola”, coniata all’indomani del terremoto che nel 1883 colpì l’omonima cittadina dell’Isola d’Ischia, nel Golfo di Napoli, è utilizzata per descrivere una situazione di sconquasso. A buon ragione, il terremoto entrò in locuzioni del genere per la sua violenza e drammaticità nonché per la difficoltà dei primi soccorsi che resero ancor più caotiche le prime fasi di emergenza nell’isola. Questo terremoto fino al 21 agosto scorso è stato l’ultimo di una lunga serie di eventi avvenuti a partire dal 1228, localizzati nel settore nord dell’isola, tra Casamicciola e Lacco Ameno. Mentre i terremoti che avvengono lungo la catena appenninica, e che caratterizzano la sismicità della penisola italiana, sono da correlarsi agli sforzi tettonici regionali, l’origine della sismicità dell’isola d’Ischia non è ancora del tutto chiara, ma è da attribuire a una sorgente di sforzi locale, ubicata nel settore nord del Monte Epomeo, a pochi chilometri di profondità. Gli elevati gradienti di temperatura misurati nel settore occidentale e meridionale dell’isola, rendono le rocce parzialmente plastiche, impedendo l’accumulo di energia elastica in questo settore e inibendo l’accadimento di terremoti di energia più elevata. Nella parte nord, a Casamicciola, lo strato fragile ha uno spessore maggiore, e l’energia elastica si concentra in questo settore, che potenzialmente può generare terremoti fino a magnitudo moderate. Nel corso della sua evoluzione geologica, da circa 55.000 anni, l’isola è stata interessata da un processo di risorgenza, che ha prodotto il sollevamento e la formazione del Monte Epomeo. Questo processo è associato alla spinta di una sorgente magmatica superficiale, oggi parzialmente raffreddata. Negli ultimi 10mila anni l’attività vulcanica dell’isola si è concentrata lungo le faglie e le fratture che bordano la struttura del Monte Epomeo, con eruzioni sia di tipo esplosivo che effusivo. L’ultima eruzione risale al 1302 quando una colata lavica, quella dell’Arso, raggiunse l’attuale porto di Ischia.
Il dato che evidenzia il persistente vulcanismo dell’isola è rappresentato dalle temperature molto elevate in superficie, fino ad oltre 100°C, e dagli estesi campi di fumarole e sorgenti calde, mentre la bassa sismicità che si è registrata dall’ultimo grande terremoto del 1883, sarebbe da relazionarsi ad una stasi nella dinamica del Monte Epomeo. Con il terremoto del 21 agosto scorso si è interrotto un lungo ciclo di silenzio sismico, durante il quale si sono registrati pochi eventi di bassa magnitudo. Resta da comprendere se questo evento può aprire una nuova fase di attività sismica e se lo stesso può essere correlato alla dinamica del Monte Epomeo. Un’analisi più approfondita dei dati di monitoraggio sismico e deformativo potrà fornire un quadro più esaustivo per l’interpretazione del fenomeno. Qualsiasi altra previsione al momento risulterebbe azzardata.
Un contributo alla conoscenza deriva dall’analisi della sismicità storica di energia più elevata. Questa è da correlarsi a una sorgente sismica molto superficiale, a circa 2 chilometri di profondità, in grado di generare terremoti di energia relativamente bassa, elevata intensità e da un rapido decadimento degli effetti con la distanza dall’epicentro (specie verso il settore est). L’analisi della sismicità storica mostra che il settore a maggior rischio sismico è quello localizzato nella parte alta del comune di Casamicciola. In quat’area la sera del 28 luglio 1883, si verificò un disastroso terremoto che rase al suolo l’intera cittadina. Proprio come in questi giorni, l’isola era molto frequentata, specie per la presenza dei bagni termali, i cui effetti terapeutici erano stati già accertati e divulgati alla fine del Cinquecento. Il sisma fu particolarmente distruttivo a Casamicciola, area epicentrale, e danni gravi si ebbero anche a Lacco Ameno, mentre a Ischia il terremoto fu solo avvertito, senza conseguenze significative. Diverse frane e voragini si verificano sui pendii del Monte Epomeo, in particolare nella zona di Fango, mentre l’intero tessuto urbano di Casamicciola fu sconvolto. Drammatico sarà il conteggio delle vittime, 2.333 in totale, un quarto dei quali turisti. A Casamicciola muoiono 1.784 persone, il 40% degli abitanti, a Forio 345, a Lacco Ameno 146. Rimarrà sepolto tra le macerie anche il giovane Benedetto Croce, in vacanza sull’isola, l’unico della sua famiglia a sopravvivere al terremoto, che rimane a tutt’oggi il più disastroso mai registrato in un’area vulcanica nella storia del nostro paese.
All’indomani del sisma si avviò un acceso dibattito scientifico tra gli esperti delle Scienze della Terra, per comprendere il meccanismo che aveva generato il terremoto, parallelamente ad un confronto politico, che doveva definire le linee guida per la ricostruzione delle aree distrutte e la rilocalizzazione degli insediamenti abitativi in aree più sicure. Nell’ambito di questi accesi confronti, scienziati del calibro di Mercalli, De Rossi, Palmieri e Johnston Levis fornirono diversi contributi per la comprensione dei terremoti in aree vulcaniche e dei meccanismi di propagazione delle onde sismiche. Studi successivi, proseguiti fino ai tempi recenti, hanno mostrato che il terremoto, sebbene caratterizzato da una magnitudo non elevata, intorno a un valore massimo di 5.0, era localizzato ad una profondità molto bassa, circa 2 km. Quest’ultima caratteristica, ovvero l’estrema vicinanza dell’ipocentro alla superficie terrestre, causò, durante la liberazione di energia sismica, forti accelerazioni del suolo le quali, associate alla scadente qualità delle costruzioni ed alla presenza di terreni poco coerenti, produssero la totale distruzione degli edifici nell’area epicentrale. Tra gli edifici distrutti si contano diverse chiese, come quella di S. Maria Maddalena, e l’Ospizio Pio Monte della Misericordia, la prima struttura termale dell’isola, edificata nel 1604, tra gli stabilimenti più rinomati di tutta Europa.
Il terremoto di Casamicciola rappresenta la prima grande catastrofe dell’Italia post-risorgimentale, con Roma capitale, ed il Paese appena rinnovato si trova ad affrontare una difficile emergenza, oltre a dover intraprendere le azioni necessarie per la ricostruzione della cittadina distrutta. Il dibattito questa volta è su come e dove ricostruire, o se rifondare una nuova città, con una pianta urbanistica diversa. Nonostante le diverse idee ed i progetti proposti, talvolta innovativi, si decide più semplicemente di abbattere, spesso in maniera indiscriminata, tutti gli edifici danneggiati, e di ricostruire Casamicciola in pianura, lungo il mare e nel settore orientale. Tuttavia le baracche, inizialmente edificate come rifugi provvisori per i senzatetto, diverranno col tempo strutture residenziali definitive, riadattate e trasformate, ed ancora oggi visibili nel settore orientale di Casamicciola. In sostanza, con tale scelta, non si riuscì a dare una nuova identità architettonica ai luoghi, cancellando anche il preesistente.
Nonostante Ischia sia un’isola ad alto rischio sismico e vulcanico, il suo territorio è stato interamente urbanizzato, in moltissimi casi senza osservare alcuna regola di pianificazione urbanistica, trasformando radicalmente il paesaggio in un groviglio disordinato di case e strutture alberghiere. La difesa dai terremoti si ottiene, oggi, solo attraverso la costruzione di strutture e infrastrutture adeguate al livello di rischio del territorio, e purtroppo l’Isola d’Ischia, rappresenta in tal senso, uno dei tanti esempi negativi della storia italiana. Lo dimostrano, purtroppo, le drammatiche vicende di questi giorni, in cui l’isola sembra rivere una nuova “Casamiccciola”, seppur in scala ridotta. L’appello alle istituzioni preposte alla sicurezza del territorio è di dare vita a una nuova politica basata su una seria prevenzione dei rischi, in cui è necessario, prima di ogni altra cosa, eseguire studi approfonditi sulla vulnerabilità degli edifici e proporre scenari attendibili, e non irrealizzabili, per la messa in sicurezza e la decompressione urbanistica delle aree a maggior rischio.
Bibliografia essenziale:
- Carlino S., Cubellis E., Marturano A., The Catastrophic 1883 Earthquake at the Island of Ischia (Southern Italy): Macroseismic Data and the Role of Geological Conditions, Nat. Hazards, 2009
- Luongo G., Carlino S., Cubellis E., Delizia I., Iannuzzi R., Obrizzo F., Il terremoto di Casamicciola del 1883: una ricostruzione mancata, Alfa Tipografia, 2006
- Luongo G., Carlino S., Cubellis E., Delizia I., Obrizzo F., Casamicciola milleottocentoottantatre, il sisma tra interpretazioni scientifiche e scelte politiche, Bibliopolis, 2012.