E’ di almeno sei morti e quattro dispersi il bilancio provvisorio del disastro che ha colpito Livorno. Nella notte tra sabato e domenica una bomba d’acqua si è abbattuta sulla città labronica, che è stata flagellata da venti impetuosi e piogge torrenziali (qui i video, davvero impressionanti). Sono caduti fino a 260mm di pioggia, con un picco di 200mm in appena 15 minuti, roba pazzesca che neanche l’uragano Irma ha provocato durante il suo percorso tra i Caraibi e adesso la Florida. Un fenomeno del genere, ovviamente, ha messo in ginocchio la città toscana: sono esondati numerosi torrenti, in particolare il Rio Ardenza, che ha allagato un seminterrato, nei pressi dello stadio, in viale Nazario Sauro. Lì sono morte quattro persone della stessa famiglia: Simone Ramacciotti (37 anni), sua moglie Glenda Garzelli (35), il figlio di 4 anni Filippo, e il nonno Roberto Ramacciotti (65). Il padre e il nonno sono morti proprio nel tentativo di salvare Filippo e la sua sorellina di tre anni, Camilla, l’unica che ce l’ha fatta. “Abbiamo chiesto lo stato di calamità. Livorno è stata devastata dal maltempo come mai prima d’ora. In due ore stanotte sono caduti 250 mm di pioggia. Una bomba d’acqua più intensa di quanto lasciava presagire l’allerta meteo“, ha scritto il sindaco grillino, Filippo Nogarin, sul suo profilo Twitter. Ma si sbaglia di grosso, anzi, quello che dice è falso e su questo tema sta il succo del problema. Per Livorno la protezione civile aveva lanciato un allarme arancione, che è elevatissimo e prevede anche rischi estremi tra cui “perdita di vite umane”. E’ un allarme a tutti gli effetti alluvionale, lo stesso degli eventi (tutti con vittime) dello scorso autunno a Benevento, poi Taranto e infine Catania. Lo stesso allarme lanciato per domani, Lunedì 11 Settembre, in ben 11 Regioni e in tutto il Centro/Sud (qui il bollettino). Sono gli enti locali preposti, poi, a doversi attivare per assumere tutte le misure utili di prevenzione. Con l’allarme rosso non sarebbe cambiato nulla. Proprio sul tema delle allerte si concentra il punto focale del problema, ma ne parleremo più avanti.
Intanto la Procura di Livorno ha aperto un’indagine sul seminterrato sommerso dall’esondazione nel quale sono morte quattro persone. Il piano terra della palazzina e il seminterrato sono stati posti sotto sequestro dalla magistratura. Hanno inoltre perso la vita Raimondo Frattali (70 anni), trovato in via della Fontanella (la moglie e la figlia si sono salvate salendo sul tetto). La sesta vittima, ritrovata a Montenero, in via Sant’Alò, si chiamava Roberto Vestuti (74) ed era di Carrara. Un’altra persona era stata inizialmente conteggiata tra le vittime del maltempo, ma è morta in un incidente stradale che non sarebbe direttamente collegato al nubifragio. Per quanto riguarda i dispersi, i vigili del fuoco sono ancora alla ricerca di almeno due persone. La Regione Toscana proclamerà domani, ufficialmente, lo stato di emergenza come ha annunciato il presidente Enrico Rossi: “Domani in giunta proclameremo lo stato d’emergenza regionale e destineremo 3 milioni di euro per le somme urgenze” ha detto. Domani il ministro Galletti sarà alle 12 a Livorno per un incontro operativo in Prefettura.
“Non si può avere un rio che diventa portatore di morte“. Lapidari e pieni di rabbia sono i commenti dei cittadini livornesi, come questo di Guido, che abita a pochi passi dalla palazzina crollata per l’esondazione del rio Ardenza. Intanto si cercano i dispersi, ricerche rese ancora più difficili dalla pioggia battente. Intanto, mentre il conto delle vittime non è ancora terminato, sono iniziate le polemiche sul sistema di allerta regionale. Il sindaco Nogarin ha puntato subito il dito sulla protezione civile: “E’ stato arancione, e non rosso come avvenuto in Liguria. Non eravamo preparati a questo“. “Il sistema di allerta era adeguato alla natura dell’evento e ha funzionato perfettamente, comunicato fin dal primissimo pomeriggio del 9 settembre ai sindaci e alle amministrazioni“, ha replicato l’assessore regionale all’ambiente e protezione civile, Federica Fratoni, che ha citato l’esempio di Pisa: “Non a caso il Comune di Pisa, che ha ricevuto le stesse comunicazioni, ha messo in atto tutti meccanismi previsti di alert system, dai messaggini alle mail alle telefonate ai numeri fissi“. Il governatore Rossi ha ricordato inoltre che “il codice arancione non differisce da quello rosso se non per l’ampiezza delle zone interessate e che consente ai sindaci di mettere in campo tutte le azioni di prevenzione necessarie“. Assieme al sottosegretario Silvia Velo, incontrerà il sindaco Filippo Nogarin e le istituzioni impegnate nell’emergenza.
Sull’alluvione è intervenuto anche il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella: “Questa ennesima calamità provocata da straordinario maltempo dovrà sollecitare al più presto nel mondo politico una riflessione, seria e approfondita, sugli effetti dei cambiamenti climatici e su come difendere efficacemente il nostro territorio“. E così, dalla più alta carica dello Stato, è iniziato il solito stucchevole teatrino sul clima e sui cambiamenti climatici. Ma questi fenomeni così estremi nel Mediterraneo ci sono sempre stati. Purtroppo non ne abbiamo consapevolezza, ci manca la cultura meteorologica. Ogni qual volta viene lanciata un’allerta, ci ritroviamo sommersi da becero scetticismo e stupida ironia. Genova è una delle poche città dove la prevenzione funziona e senza timore, con coraggio, le istituzioni affrontano il problema con evacuazioni preventive e adottando tutte le misure utili per prevenire il peggio. Oggi è diventata una città-modello. Ma accade soltanto dopo l’alluvione che il 4 novembre 2011 ha provocato 6 morti. Eppure dovremmo avere la memoria un po’ meno corta anche per le altre Regioni e Città: la storia d’Italia è funestata di eventi calamitosi, da Nord a Sud, tanto da farci comprendere la gravità dei rischi atmosferici.
A Livorno, ad esempio, le persone morte nello scantinato si sarebbero potute salvare. Perché non dovevano essere in uno scantinato con l’allerta arancione ampiamente lanciata (in modo corretto) dalla protezione civile. Il problema è proprio quello dell’allertamento meteo. E’ un po’ come il rischio sismico, i terremoti. Si continua a dire che “non si possono prevedere“, come a giustificare il fatalismo imperante. Ma non è vero. Certo, ancora non si è in grado di prevederli in modo preciso, ma si sa benissimo quali sono le zone sismiche in cui senza alcuna ombra di dubbio, prima o poi i terremoti anche intensi si verificheranno. E il “quando” non è importante: basterebbe adottare le necessarie misure preventive e farsi trovare pronti a limitare il più possibile i danni. Come se si dovesse verificare domani.
E nel meteo si continua a dire che “oltre i cinque giorni non si può prevedere nulla“, che “i fenomeni estremi non si possono prevedere“, che “nel Mediterraneo non possono esserci fenomeni violenti come gli uragani“, che “non si può impaurire la gente” e che si fa del “procurato allarme“, “come gli americani“. Tutto falso. Anzi. Il problema è proprio l’opposto. La gente non ha paura. E dovrebbe averne un po’ di più. Più che “paura”, la chiameremmo coscienza. La gente è incosciente: c’è l’allerta meteo e vanno a scalare le montagne, poi muoiono. C’è l’allerta meteo e vanno a pesca in riva al mare, e poi muoiono. C’è l’allerta meteo e dormono negli scantinati, e poi muoiono. Mettendo sempre a repentaglio la vita dei soccorritori. E’ una questione di cultura, sia istituzionale che popolare. Ed è compito della classe dirigente alimentare la cultura della meteorologia, della sismologia, della prevenzione. Proprio come in America. Bisogna spettacolarizzare il tutto? Ben venga. Diamo i nomi alle perturbazioni. Vuoi mettere: “sta arrivando Irma” con “sta arrivando la perturbazione proveniente dall’oceano Atlantico“, già a “…la perturbazione…” tutti hanno cambiato canale. E non sanno cosa li aspetta. Quando abbiamo a che fare con la Natura, dobbiamo – eccome – avere paura e rispetto. Dobbiamo essere coscienti dei fenomeni naturali che possono verificarsi, in modo devastante, fino a minare la nostra sicurezza e la nostra vita. Non possiamo continuare a vivere in una società in cui le previsioni meteorologiche e il mondo scientifico vengono considerati meno degli oroscopi o delle zingare che leggono le carte alle fiere di paese.
Ci ritroviamo a contare i morti e i dispersi ad ogni normalissima tempesta Mediterranea e tiriamo in ballo la questione dei cambiamenti climatici dimenticandoci qual è il vero problema. Un problema tutto culturale. E finché non si capisce che il punto è proprio questo, sarà molto difficile risolverlo…