Piramidi: a cosa servivano e perché hanno questa dimensione così imponente e particolare

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A cosa servivano le piramidi? Frutto dell’ingegnoso e certosino lavoro di architetti, ingegneri, matematici, operai, contadini, intagliatori, decoratori e schiavi, secondo alcuni servivano a custodire e tramandare, impresse nella pietra, tutto il bagaglio di conoscenze astronomiche, matematiche e geografiche del popolo egizio. Molto più accreditata rimane, tutt’oggi l’ipotesi che servissero da monumenti funebri, per ospitare faraoni, tumulati insieme a tutte le loro ricchezze. Per quanto possa sembrare strano, le piramidi sono solo la parte superiore (sovrastruttura) delle tombe in cui i sovrani egizi venivano sepolti, per un periodo di 2000 anni circa, dal 2650 prima della nascita di Cristo sino a dirca il 1750… data dopo la quale in Egitto non si ebbero più piramidi, per lo meno di quelle dimensioni imponenti.

In tutta la storia dell’antico Egitto, le sepolture ebbero un carattere modulare, composte sempre dagli stessi elementi: la camera sotterranea in cui vi era il corpo del defunto, un corridoio e un pozzo che giungeva sino alla superficie, una sovrastruttura per segnalare la presenza della tomba e ricevere offerte per i defunti. Perché le piramidi erano così grandi dal punto di vista dimensionale? Secondo gli antichi Egizi il re era un Dio che discendeva sulla terra per ritornare in cielo dopo la morte. Le dimensioni imponenti segnalavano, dunque, che la tomba che stava sotto o dentro di esse ospitava il corpo di un Dio, non di un uomo. La parola piramide deriva dalla lingua greca, “pyramis”, nome preso probabilmente dalla tipica torta egiziana. Ma per gli egizi la piramide significava molto di più. Era la garanzia dell’immortalità del loro faraone, del loro conduttore, quindi del loro regno.

Nei tempi protodinastici i corpi dei defunti erano seppelliti in semplici tombe, nell’anonimato della sabbia e del deserto. Entravano in un processo di mummificazione naturale, come lo testimnoiano i vari cimiteri dell’area intorno alla valle dei re. Già in questa epoca gli egizi credevano nella vita dopo la morte, visti gli oggetti ritrovati accanto a queste mummie. Durante le prime dinastie, i sovrani iniziarono ad usare delle strutture di sepoltura più elaborate, destinate ai membri della corte. Le tombe a màstaba erano costituite un “gradone” di forma tronco-piramidale. La struttura conteneva alcune cappelle rituali e due porte: una “falsa”, attraverso la quale era consentito al defunto lasciare l’aldilà per andare a ricevere le offerte deposte dai vivi, ed un pozzo, chiuso con pietre e detriti, molte volte assai profondo, che dava accesso alla tomba vera e propria. La parte esterna della mastaba chiudeva l’accesso alla tomba e segnalava la presenza del sepolcreto. La costruzione di piramidi parte dal grande architetto egizio Imhotep (che gli Egizi, negli ultimi anni della loro civiltà, adorarono come Dio della medicina. Fu lui a realizzare la prima piramide. 100 anni prima di quella di Cheope, sotto il regno del re Djorser, durante la terza dinastia, tra il 2640 e il 2620 a.C.

Al quel tempo i faraoni venivano sepolti in tombe chiamate mastaba, Imhotep, il quale per la tradizione è anche fondatore della scienza medica egizia, ha avuto l’idea di mettere più mastaba una sopra l’altra, creando così la prima piramide a scaglioni nel deserto di Saqqara. La transizione dalla piramide a gradoni a quella con le pareti lisce ebbe luogo, durante il regno del Re Snefru, padre di Cheope, a Meidum, circa 70 chilometri a sud di Cairo. Nata probabilmente come piramide a gradoni, e forse proprio per questo, o per l’ancora poca esperienza architetti, la struttura collassò, scoprendo di nuovo l’aspetto originale a gradoni che possiamo ancora oggi ammirare. L’ossessivo desiderio per l’immortalità dei faraoni della quarta dinastia, insieme alla volontà e la credenza del popolo egizio, hanno permesso di costruire opere meravigliose e destinate a durare infinitamente, specie nei cuori degli appassionati di archeologia di tutto il mondo: le Piramidi di Giza.

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