San Gennaro, patrono della città di Napoli, ma anche degli infartuati, di chi ha avuto una trombosi o un’embolia, per i napoletani è molto più di un Santo ma cittadino, patrono, difensore (vivi, patroni, vindici), invocandolo contro eruzioni, terremoti, pestilenze e disastrose altre calamità naturali. Nonostante gli attributi iconografici siano il bastone pastorale e la palma, simbolo del martirio, è la Mitra che lo identifica. Il prezioso copricapo d’argento dorato risale al 1713 ed è caratterizzato da oltre 3694 speraldi , rubini e brillanti. Secondo la tradizione simbolica il verde dello smeraldo rappresenta l’unione della sacralità di San Gennaro con l’emblema dell’eternità del potere; i rubini rappresentano il sangue dei martiri; i diamanti, contraddistinti per purezza e durezza, evocano la forza inattaccabile della fede.
Lunga la lista degli illustri donatori tra cui Maria Carolina d’Austria, Vittorio Emanuele II e il cognato di Napoleone, Gioacchino Murat. Tanti gli aneddoti legati al Santo: si narra che tra il 1526 ed il 1527, quando Napoli era in preda a terribili accadimenti, come la guerra tra Spagna e Francia, la pestilenza, la violenta eruzione del Vesuvio, il popolo decise di fare un voto a San Gennaro. Se li avesse protetti, avrebbero eretto una nuova e più ampia Cappela all’interno del Duomo. Venne persino chiamato un notaio a redigere un vero e proprio contratto col Santo che, per ovvi motivi, non potè firmare materialmente l’atto. Il popolo mantenne fede ad esso, costruendo la Cappella del Tesoro, i cui fondi furono gestiti autonomamente dai cittadini, costituendo nel 1601 la Deputazione. La Cappella venne inaugurata nel 1646 e, assieme al Tesoro che custodisce, è sempre appartenuta a Napoli.
Nel 1844 una devastante epidemia provocata dal Nilo colpì Napoli. Una popolata, scappata alla peste, per ringraziare il Santo, si recò nella Cappella, pregando e donandogli un paio d’orecchini con diamanti e perle; suo unico patrimonio, ricevuto in dote dalla madre. La Deputazione, ritenendolo un gesto nobile, decise di applicare gli orecchini sulla parte superiore del Collare di San Gennaro. Si narra anche nel 305, quando il Santo venne decapitato, la sua nutrice Eusebia ne raccolse il sangue in due ampolle… usanza, questa, comune tra i parenti più prossimi ai giovani cristiani martirizzati. Dopo di lei, seguirono una dozzina di donne anziane che si proclamavano discendenti o parenti del Santo, iniziando una tradizione che è diventata parte essenziale del “miracolo”. A maggio, settembre e dicembre, le parenti siedono in chiesa, in prima fila, parlando al busto del Santo, rivolgendogli esortazioni a non tardare nel miracolo, frasi tenere, vezzeggiativi scherzosi, cantando nenie che affondando le radici nel mondo popolare partenopeo.