Martin Luther King nasce da una famiglia di pastori della Chiesa battista il 15 gennaio del 1929 ad Atlanta, in Georgia, nel profondo sud degli Stati Uniti, dove il razzismo è estremamente radicato, in cui era normale che sugli autobus, nei bar, in teatro, e persino nelle chiese ci fossero dei posti separati a seconda del colore della pelle. . Il piccolo Martin si rende presto conto che il colore della sua pelle rappresenta un ostacolo apparentemente insormontabile. Presa coscienza di questa inaccettabile discriminazione si dedica anima e corpo allo studio, laureandosi in filosofia e diventando anch’egli pastore, per poi iniziare la sua inarrestabile e pacifica battaglia contro la segregazione razziale. Martin ammira la figura del Mahatma Gandhi e la sua dottrina della nonviolenza, basata sul rifiuto dell’uso della violenza fisica, al fine di raggiungere obiettivi sociali o cambiamenti politici.
Nel 1953 sposa Coretta Scott, che sarà anche suo prezioso sostegno durante le lotte e le difficoltà, e si trasferisce a Montgomery dove, a soli 25 anni, assumerà la direzione di una parrocchia, mentre nel 1957 fonda la “Southern Christian Leadership Conference” (Conferenza dei Dirigenti Cristiani del Sud), un movimento che si batte per i diritti delle minoranze e che si fonda sulla nonviolenza gandhiana. Era il 28 agosto 1963, un giorno di fine estate particolarmente torrido. Dalle gradinate del Lincoln Memorial, al termine di una marcia di neri e bianchi, che rappresentavano l’America liberal e che manifestavano in difesa dei diritti civili, il reverendo Martin Luther King pronunciò un discorso destinato a passare alla storia.
“I have a dream”… King aveva un sogno quello di “strappare alla disperazione una pietra di speranza” e di prefigurare un futuro nel quale “i ragazzini neri e le ragazzine nere” avrebbero saputo un giorno “unire le mani con i ragazzini bianchi e le ragazzine bianche come fossero fratelli e sorelle”; un futuro di eguaglianza nella libertà che avrebbe trasformato “le stridenti discordie della nazione in una meravigliosa sinfonia di fratellanza”. Le parole commossero la folla che rispose con l’inno della Chiesa Battista: “Ce la faremo, ce la faremo,/ ce la faremo un giorno;/ nel profondo del mio cuore credo/ che un giorno ce la faremo”. Agli inizi del 1967 si schiera pubblicamente contro la guerra del Vietnam entrando così direttamente in conflitto con la Casa Bianca Martin Luther King era diventato un punto di riferimento per un’intera comunità, la sua notorietà era in costante crescita ed era ormai il simbolo indiscutibile della lotta per i diritti civili.
Proprio per questo diventa il bersaglio di minacce d’ogni genere (tra cui una lettera dell’Fbi che conteneva dettagli sulla sua vita sessuale extraconiugale e invitava King a suicidarsi) e viene arrestato. Il 30 giugno un attentato dinamitardo gli distrugge la casa, senza conseguenze per la famiglia. Il 4 aprile 1968 a Memphis, Tennessee, Martin Luther King viene ucciso da un colpo di fucile di grosso calibro poco prima di andare ad un incontro in una chiesa locale. Il suo assassino, James Earl Ray, viene arrestato due mesi dopo ma l’uomo, dopo l’iniziale confessione, smentisce il suo coinvolgimento parlando di un complotto contro King. L’omicidio fa divampare la rabbia della comunità nera, dando vita ad una rivolta in tutti i ghetti d’America con un terribile bilancio, quarantatré morti, cinquecento feriti e ventisettemila arresti.