La Commissione Europea ha approvato l’immissione in commercio di niraparib come monoterapia per il trattamento di mantenimento di pazienti adulte con carcinoma ovarico epiteliale sieroso, carcinoma delle tube di Falloppio o carcinoma peritoneale primario, di grado elevato, recidivato, sensibile al platino, che stiano rispondendo (risposta completa o parziale) alla chemioterapia a base di platino. Niraparib è il primo inibitore della poli ADP-ribosio polimerasi (PARP) 1 e 2 approvato in Europa che non richiede test per verificare la presenza di mutazioni del gene BRCA o di altri biomarcatori.
Mary Lynne Hedley, Ph.D., Presidente e Chief Operating Officer di TESARO, ha affermato: “Vogliamo esprimere la nostra gratitudine a tutte le donne che hanno partecipato al programma di sviluppo clinico di niraparib. Vorrei anche ringraziare i nostri partner dell’ENGOT per la loro diligenza nel condurre lo studio ENGOT-OV16/NOVA, portato a termine con il massimo livello di rigore scientifico. L’unicità del disegno di questo studio, che ha incluso donne con e senza mutazioni germinali del gene BRCA, ha permesso di determinare in modo indipendente che niraparib fornisce miglioramenti significativi della sopravvivenza libera da progressione in una ampia popolazione di pazienti”.
Niraparib è stato approvato dalla U.S. Food and Drug Administration il 27 marzo 2017 ed è commercializzato da TESARO negli Stati Uniti, dove rappresenta al momento l’inibitore di PARP più frequentemente prescritto alle pazienti con carcinoma ovarico. TESARO prevede di lanciare niraparib in Germania e Regno Unito a dicembre e successivamente, a partire dall’inizio del 2018, in altri Paesi europei a seconda delle tempistiche locali di rimborsabilità. TESARO ha una presenza diretta in 17 Paesi europei, inclusa l’Italia.
“L’approvazione odierna di niraparib rappresenta un importante passo in avanti per la comunità del carcinoma ovarico – ha affermato la prof.ssa Nicoletta Colombo, Direttore della Divisione di ginecologia oncologica medica dell’Istituto Europeo di Oncologia di Milano -. Infatti, nonostante la chemioterapia a base di platino si sia dimostrata valida, la sua efficacia sfortunatamente diminuisce nel tempo e la sopravvivenza libera da progressione di solito si riduce dopo ogni trattamento di chemioterapia a base di platino. Un farmaco come niraparib ora fornisce un’opportunità per aumentare la sopravvivenza libera da progressione in seguito alla terapia a base di platino e avrà dunque un profondo impatto sulle donne e sulle loro famiglie”.
L’approvazione di niraparib da parte della Commissione Europea si è basata su dati del rigoroso studio internazionale di fase 3 ENGOT-OV16/NOVA, uno studio controllato con placebo in doppio cieco su 553 pazienti con recidiva di carcinoma ovarico che avevano ricevuto una risposta completa o parziale nel loro più recente trattamento di chemioterapia a base di platino. L’obiettivo primario dello studio era la sopravvivenza libera da progressione (PFS). Approssimativamente due terzi delle partecipanti allo studio non presentavano mutazioni germinali del gene BRCA. La progressione di malattia nello studio NOVA è stata determinata attraverso una revisione centralizzata in cieco, rigorosa ed imparziale, in grado di rilevare la prima progressione clinica o radiologica.
Niraparib ha aumentato significativamente la sopravvivenza libera da progressione in pazienti con e senza mutazioni germinali del gene BRCA rispetto al gruppo di controllo. Il trattamento con niraparib ha ridotto il rischio di progressione della malattia o decesso del 73% in pazienti con mutazioni germinali del gene BRCA (HR 0.26) e del 55% in pazienti senza mutazioni germinali del gene BRCA (HR 0.45). Il beneficio è stato simile nelle pazienti arruolate nello studio in risposta parziale o completa.
“Con l’introduzione di niraparib, il trattamento delle donne con carcinoma ovarico migliorerà notevolmente – ha sottolineato il prof. Sandro Pignata, Direttore Oncologia Medica Uro-Ginecologica all’Istituto Nazionale Tumori IRCCS Fondazione ‘Pascale’ di Napoli -. Le pazienti e i loro medici avranno ora a disposizione un’ulteriore opzione da utilizzare in seguito al responso della chemioterapia, indipendentemente dalla presenza di mutazioni BRCA. L’alternativa precedente per la maggior parte delle pazienti consisteva in un periodo di osservazione e attesa, senza la possibilità di poter controllare in maniera attiva la propria malattia”.
La dose iniziale approvata di niraparib è di 300 milligrammi una volta al giorno. Come da riassunto delle caratteristiche del prodotto (RCP), per le pazienti che pesano meno di 58 chilogrammi, si può prendere in considerazione una dose iniziale di 200 milligrammi al giorno. La dose di niraparib più comunemente somministrata nel corso dello studio clinico NOVA a seguito di una modifica del dosaggio è stata di 200 milligrammi una volta al giorno. Analisi successive dello studio NOVA hanno indicato che la modifica individuale della dose ha mantenuto l’efficacia e ridotto l’insorgenza di eventi avversi1.
I più comuni eventi avversi di grado 3 e 4 di niraparib hanno incluso trombocitopenia (34%), anemia (25%), neutropenia (20%) e ipertensione (8%). A seguito della modifica della dose in base alla tollerabilità individuale, l’incidenza di trombocitopenia di grado 3 e 4 è stata bassa, approssimativamente dell’1% dopo il terzo mese. La maggior parte degli eventi avversi ematologici sono stati risolti con una modifica della dose e l’interruzione della terapia per trombocitopenia, neutropenia e anemia è avvenuta rispettivamente nel 3%, 2% e 1% delle pazienti.
“Accogliamo con soddisfazione la decisione della commissione Europea di approvare niraparib per donne con carcinoma ovarico ricorrente – ha spiegato la dott.ssa Nicoletta Cerana, presidente di ACTO onlus (Alleanza contro il Tumore Ovarico) -. Questa decisione avrà un impatto reale e significativo sulle vite delle donne, fornendo loro una nuova opzione di trattamento e una maggiore scelta. A livello globale, mancano trattamenti efficaci per il carcinoma ovarico, dunque questa si rivela un’aggiunta fondamentale”.
“Il carcinoma ovarico è un tumore femminile raro ma altamente letale per il quale il bisogno terapeutico è ancora largamente insoddisfatto. L’approvazione della Commissione Europea di niraparib rappresenta un traguardo importante per le donne con carcinoma ovarico ricorrente – ha dichiarato Roberto Florenzano, Vice Presidente e Amministratore Delegato di TESARO Bio Italy -. Questa è la seconda approvazione ricevuta da TESARO nel 2017 in Europa. Abbiamo stabilito un anno fa la nostra presenza in Italia con un importante investimento e stiamo lavorando per costruire l’organizzazione. Il nostro obiettivo principale è dare alle donne che ne possono beneficiare la possibilità di avere accesso a niraparib il prima possibile. Siamo impegnati a lavorare con clinici, istituzioni e associazioni di pazienti per raggiungere questo obiettivo e auspichiamo una discussione costruttiva con le Autorità Regolatorie Italiane per rendere disponibile quanto prima questo farmaco importante anche alle pazienti italiane”.
Lo studio clinico niraparib ENGOT-OV16/NOVA
ENGOT-OV16/NOVA è stato uno studio internazionale di Fase 3 di niraparib randomizzato controllato in doppio cieco in 553 pazienti con recidiva di carcinoma ovarico in risposta al più recente trattamento di chemioterapia a base di platino. Le pazienti sono state inserite in una delle due coorti indipendenti a seconda della presenza o meno di mutazioni germinali del gene BRCA. Una coorte includeva pazienti portatrici di mutazioni germinali del gene BRCA (gBRCAmut) e l’altra coorte includeva pazienti non portatrici di mutazioni germinali del gene BRCA (non-gBRCAmut) e pazienti con tumori HRD-positivi (con deficit della ricombinazione omologa) e HRD-negativi (senza deficit della ricombinazione omologa). All’interno di ciascuna coorte, le pazienti, randomizzate in rapporto 2:1, hanno ricevuto niraparib o placebo e sono state trattate in maniera continuativa fino alla progressione della malattia con placebo o 300 milligrammi di niraparib, con dosi di tre compresse da 100 grammi una volta al giorno.
L’obiettivo primario di questo studio era la sopravvivenza libera da progressione (PFS). Gli obiettivi secondari comprendevano i Patients Reported Outcomes (PROs), la lunghezza dell’intervallo libero da chemioterapia, la PFS 2, la sopravvivenza generale e altre valutazioni della sicurezza e tollerabilità. Maggiori informazioni su questo studio sono disponibili all’indirizzo: http://clinicaltrials.gov/show/NCT01847274.
Fra le pazienti portatrici di mutazioni germinali del gene BRCA, il gruppo trattato con niraparib ha raggiunto con successo la significatività statistica rispetto al gruppo di controllo per l’obiettivo primario della sopravvivenza libera da progressione (PFS), con un HR di 0.26 (95% CI, 0.173-0.410). La sopravvivenza mediana libera da progressione delle pazienti trattate con niraparib è stata di 21.0 mesi, rispetto ai 5,5 mesi del gruppo di controllo (p<0,0001).
Niraparib ha inoltre mostrato significatività statistica per le pazienti della coorte senza mutazione germinale del gene BRCA. In questa coorte, il gruppo trattato con niraparib ha raggiunto con successo la significatività statistica rispetto al gruppo di controllo per l’obiettivo primario della sopravvivenza libera da progressione (PFS), con un HR di 0.45 (95% CI, 0.338-0.607). La sopravvivenza libera da progressione mediana per le pazienti trattate con niraparib è stata di 9.3 mesi, rispetto ai 3.9 mesi del gruppo di controllo (p<0.0001). L’analisi degli obiettivi secondari, incluso l’intervallo libero da chemioterapia, il tempo al primo trattamento successivo e la sopravvivenza libera da progressione 2 (PFS 2), sono stati tutti statisticamente significativi a favore del gruppo trattato con niraparib rispetto al gruppo di controllo sia nella coorte gBRCAmut che in quella non-gBRCAmut. I risultati dei Patients Reported Outcomes (PROs), ottenuti attraverso questionari validati, hanno indicato che le pazienti trattate con niraparib non hanno riportato differenze rispetto al gruppo di controllo nei parametri associati alla qualità di vita.
I risultati completi dello studio ENGOT-OV16/NOVA sono stati presentati in dettaglio al Congresso della European Society for Medical Oncology (ESMO) l’8 ottobre del 2016 a Copenaghen dal Dr. Mansoor Raza Mirza, M.D., Medical Director della Nordic Society of Gynecologic Oncology (NSGO) e Principal Investigator. Questi dati sono stati simultaneamente pubblicati sul New England Journal of Medicine.
Importanti informazioni sulla sicurezza
Sono stati riportati casi di Sindrome Mielodisplasica e Leucemia mieloide acuta (MDS/AML) in pazienti trattate con niraparib. Sospendere niraparib in caso di conferma di MDS/AML.
Sono stati riportati casi di eventi avversi ematologici (trombocitopenia, anemia e neutropenia) in pazienti trattate con niraparib. Monitorare l’emocromo completo a intervalli settimanali per il primo mese di trattamento e modificare la dose se necessario. Dopo il primo mese, è consigliabile monitorare l’emocromo completo per i successivi 10 mesi di trattamento e a intervalli regolari dopo questo periodo. Sulla base dei valori di laboratorio individuali, potrebbe essere necessario un monitoraggio settimanale per il secondo mese.
Sono stati riportati casi di ipertensione e crisi ipertensive in pazienti trattate con niraparib. Un’ipertensione preesistente dovrebbe essere adeguatamente controllata prima di iniziare ad utilizzare niraparib. Monitorare la pressione sanguigna a intervalli mensili per il primo anno e in seguito periodicamente durante il trattamento con niraparib. L’utilizzo di niraparib dovrebbe essere interrotto in caso di crisi ipertensive o nel caso in cui un’ipertensione clinicamente significativa non possa essere adeguatamente controllata con terapia antipertensiva.
A causa del suo meccanismo d’azione, niraparib può causare danni al feto. Avvisare le donne in età fertile del potenziale rischio per il feto e di usare metodi contraccettivi efficaci durante il trattamento e nei sei mesi successivi all’assunzione dell’ultima dose. A causa delle potenziali reazioni avverse serie provocate da niraparib nei neonati in fase di allattamento, avvisare le donne di non allattare durante il trattamento con niraparib e nel mese successivo all’assunzione dell’ultima dose.
Negli studi clinici, le reazioni avverse più comuni sono state: trombocitopenia, anemia, neutropenia, nausea, costipazione, vomito, dolore addominale, diarrea, dispepsia, infezione delle vie urinarie, fatigue/astenia, riduzione dell’appetito, cefalea, vertigini, disgeusia, palpitazioni, insonnia, nasofaringite, dispnea, tosse e ipertensione.
Ulteriori studi clinici di niraparib
TESARO sta investendo molto su niraparib, valutando attività su diversi tipi di tumore e diverse potenziali combinazioni di niraparib con altre terapie. Il programma di sviluppo in corso per niraparib comprende uno studio di fase 3 in pazienti che hanno ricevuto un trattamento di prima linea per carcinoma ovarico (lo studio PRIMA) e uno studio registrativo di fase 2 in pazienti che hanno ricevuto diverse linee di trattamento per carcinoma ovarico (lo studio QUADRA). Sono in corso anche diversi studi combinati, inclusi studi di niraparib in associazione a pembrolizumab (gli studi TOPACIO) e di niraparib in associazione a bevacizumab (lo studio AVANOVA).
Sono previsti ulteriori studi di niraparib nel cancro dell’ovaio, della mammella e del polmone. Gli studi valuteranno gli effetti del niraparib, da solo e in combinazione con altre terapie, in diversi contesti di trattamento.
La Janssen Biotech ha la licenza di sviluppare e commercializzare niraparib specificatamente per pazienti con cancro alla prostata in tutto il mondo, eccetto in Giappone.
Il carcinoma ovarico in Italia
Il carcinoma ovarico è un tumore femminile raro ma altamente letale, rappresentando una delle più frequenti cause di morte oncologica nelle donne2,3. In Italia nel 2017 sono stimate circa 5.200 nuove diagnosi di tumore dell’ovaio, con una vasta maggioranza di pazienti identificate con una malattia ormai in fase avanzata (III-IV stadio)4. Il carcinoma ovarico colpisce approssimativamente 1.5 persone ogni 10.000 in Italia5. Secondo le stime AIRTUM, il tumore dell’ovaio rappresenta circa il 3% delle neoplasie femminili e nel 2014 (Istat, ultimo anno disponibile) è stato responsabile di 3.130 decessi, attestandosi tra le cinque cause più frequenti di morte legata al cancro nelle donne giovani (0-49 anni) e adulte (50-69 anni).
Nonostante alte percentuali iniziali di risposta alla chemioterapia a base di platino, approssimativamente l’85% delle donne con carcinoma ovarico in stadio avanzato ha una recidiva della malattia dopo il trattamento di prima linea. L’efficacia della chemioterapia, inoltre, diminuisce con il passare del tempo.