Il Delta del Po è la più grande area umida d’Italia, dove sostano e vivono oltre 300 specie di uccelli, ma anche il black spot a livello nazionale per il bracconaggio ittico e venatorio, secondo ISPRA, l’istituto di ricerca e protezione ambientale del Ministero dell’Ambiente. “E’ sotto gli occhi di tutti – spiegano Associazioni ambientaliste in una nota – il fallimento delle politiche di tutela dei due parchi regionali esistenti da decenni (da 20 anni quello Veneto, da 29 anni quello Emiliano Romagnolo), ma è proprio alle Regioni e agli enti locali che un emendamento tra quelli segnalati dal Gruppo PD del Senato alla Legge di Bilancio 2018 vuole affidare un parco fantasma, facendo tabula rasa della prevista istituzione di un unico parco interregionale o di un vero parco nazionale, nel caso di mancanza dell’intesa tra le Regioni interessate, previsti a suo tempo dall’articolo 35, comma 4 della Legge quadro nazionale sulle aree protette (legge n. 394/1991) e rimasti lettera morta.
L’emendamento 101.0.03 (seconda pagina dell’allegato) al disegno di legge di Bilancio 2018 presentato originariamente dai membri del gruppo PD nella Commissione Ambiente del Senato, di cui le Associazioni ambientaliste (Accademia Kronos, AIIG, CTS, ENPA, Fare Verde, Federazione Pro Natura, FAI – Fondo per l’Ambiente Italiano, Greenpeace Italia, Gruppo di Intervento Giuridico, Gruppi di Ricerca Ecologica, Italia Nostra, LAV, Legambiente, LIPU, Marevivo. Mountain Wilderness, Rangers d’Italia, SIGEA, TCI, VAS, WWF Italia) chiedono il ritiro, dovrebbe essere dichiarato inammissibile, come ha avuto modo di ribadire in molte occasioni nel passato la Presidenza della Repubblica, perché riguarda materia ordinamentale estranea alla materia economico-finanziaria propria della Legge di Bilancio.“
Nel merito, le Associazioni osservano “che l’intento dell’emendamento appare quello di creare un parco fantasma, di cui non si capisce la natura, completamente al di fuori del “perimetro” e dello spirito della legge quadro nazionale sulle aree protette perché:
- si vorrebbe istituire un “parco” che non si può classificare né come nazionale, né come interregionale e la cui mission e quindi la sua vocazione non viene volutamente definita, come non viene definita quale sia la governance unitaria, né viene individuato l’ente di gestione;
- con l’abrogazione del comma 4 dell’art. 35 della legge n. 394/1991 si cancella l‘impegno di costituire un vero “parco interregionale”, o nell’assenza di un’intesa, un vero parco nazionale, non attuando ma anzi disattendendo l’impegno assunto con legge n. 394/1991 26 anni fa;
- Non menzionando la dizione di parco naturale, in realtà si abusa di una definizione di “parco” (senza aggettivi) inesistente nel nostro ordinamento che esula quindi dalla tutela della biodiversità. Inoltre finanziando il “parco” con i fondi regionali e degli enti locali, lo si rende estraneo al capitolo di bilancio del ministro dell’Ambiente per le aree protette nazionali;
- la perimetrazione del nuovo “parco”risulta essere una semplice collazione/accozzaglia delle ampiamente lacunose perimetrazioni dei due parchi regionali (in particolare perché rimangono escluse molte delle are tutelate ai sensi del diritto comunitario cioè la Rete Natura 2000.
Le Associazioni ambientaliste ricordano che ad oggi solo 7 dei 20 Siti di Importanza Comunitaria (SIC), e/o ZPS (Zone di Protezione Speciale), sono inclusi completamente nel parco emiliano-romagnolo e 5 degli 8 nel parco veneto – che esclude dall’area parco habitat di grande valore: il “Vallone di Loreo”, le “Dune di Rosolino e Volto”, il “Bosco di Nordio”.“