Uragani, incendi, sbiancamento di coralli, ondate di calore, isole di plastica: il 2017 anno orribile per il pianeta, l’album con 7 segnali lanciati dalla Terra [GALLERY]

  • (Credit Michel Gunther) La stagione degli uragani nell’oceano Atlantico nel 2017 è stata iperattiva dimostrando in alcuni di essi un totale molto elevato della cosiddetta energia accumulata del ciclone (ACE, Accumulated Cyclone Energy). Si sono verificati anche in coincidenza oltre due uragani consecutivi, un fenomeno inedito da quando esistono le registrazioni satellitari. I danni sono stati elevatissimi: per ora valutazioni preliminari danno una cifra che si aggira sui 316 miliardi di dollari, dovuti in particolare a tre uragani, Harvey, Irma e Maria. La stagione 2017 è stata anche la stagione con il record di 3 uragani che hanno registrato un ACE di oltre 40, Irma, Josè e Maria. Globalmente nella stagione si sono scatenati ben 16 uragani
  • (Credit Cassandra-Phillips) Nel settembre 2017 l’estensione dei ghiacci marini in Antartide è stata del 4,2% sotto la media delle registrazioni 1981-2010, il secondo settembre con l’estensione minore dopo quello del 1986
  • (Credit WWF) L’Africa ha avuto il settembre 2017 il più caldo dal 1910 da quando esistono le registrazioni delle temperature per il continente nero. E’ uno dei fenomeni che inevitabilmente farà incrementare nel futuro la spinta delle migrazioni di intere popolazioni sofferenti
  • (Credit WWF E. Ducan) In Asia le temperature verificatesi in agosto 2017 sono state le terze più calde registrate in questo mese nei 108 anni di registrazione
  • (Credit R.Lenza WWF) Nella gran parte dell’Europa il giugno 2017 ha fatto registrare ondate di calore che hanno fatto di questo mese il secondo con le temperature più calde nei 108 anni di registrazioni. Danni alle colture e alla disponibilità di acqua per molti paesi, Italia compresa con la tremenda siccità del Po. Anche il sud ha subito l’effetto di questa siccità: nella foto l’oasi di Persano, in Campania, con un fiume Sele ai minimi storici
  • (Credit WWF) Gli Oceani sono uno dei termometri del nostro impatto sul pianeta e nel 2017 abbiamo avuto una testimonianza visiva di fortissimo impatto. Uno studio apparso quest’anno nei prestigiosi “Proceedings of the National Academy of Sciences” (PNAS) ha registrato la presenza di un’ingente quantità di plastica sull’isola di Henderson nel gruppo delle isole Pitcairn nell’oceano Pacifico meridionale. Si tratta di un’isola disabitata e molto remota che non presenta insediamenti umani nell’arco di 5.000 km. Peraltro è un World Heritage Site dell’UNESCO. E’ stata stimata la presenza di 37,7 milioni di residui di plastica per una stima totale di 17,6 tonnellate di peso
  • (Credit WWF) La produzione mondiale di plastica è passata dai 15 milioni del 1964 agli oltre 310 milioni attuali. Ogni anno almeno 8 milioni di tonnellate di plastica finiscono negli oceani del mondo e, ad oggi, si stima che via siano più di 150 milioni di tonnellate di plastica negli oceani. Se non si agisce per invertire la tendenza e si continua con uno scenario BAU (Business As Usual, fare come se niente fosse) gli oceani potranno avere nel 2025 una proporzione di 1 tonnellate di plastica per ogni 3 tonnellate di pesce mentre nel 2050 avremo, in peso, negli oceani del mondo più plastica che pesci
  • (credit naturepl.com Edwin Giesbers WWF) Non solo scompaiono specie animali e vegetali sotto i colpi di bracconieri e trafficanti di natura, alimentando quella molti definiscono la sesta estinzione di massa. Altri fattori colpiscono le specie, come la scarsità di cibo, dovuta ai cambiamenti climatici e l’impoverimento delle risorse ittiche. Quest’anno una colonia di oltre 18.000 coppie di pinguino di Adelia ha subito un crollo riproduttivo catastrofico nella zona di D’Urville Mertz nell’area orientale dell’Antartico, con solo due pulcini sopravvissuti con cause legate alla crescente difficoltà di procacciarsi il cibo da parte di questa specie, rappresentato soprattutto dal krill, i piccoli gamberetti che sono alla base dell’alimentazione di diversi animali antartici: il motivo è legato agli effetti dei cambiamenti climatici. Quattro anni fa questa colonia aveva già subito una pesante pressione dovuta a un clima insolitamente caldo seguito poi da una rapida caduta delle temperature, che ha provocato la morte dei pulcini nati
  • (Credit Bence Mate naturepl.com) Il 2017 è stato un anno dove si è verificata una lunga, complessa e terribile stagione di incendi in tantissime aree del pianeta. In molte parti degli Stati Uniti la “stagione degli incendi” è stata più lunga di 78 giorni più lunga rispetto al 1970. Anche nel mese di ottobre per diverse settimane gli incendi scatenati nella California settentrionale hanno ucciso più di 40 persone distruggendo 6.000 edifici e devastando un’area nota per la produzione dei vini. In tutti gli Stati Uniti per il 2017 il governo ha speso più di 2.7 miliardi di dollari nella lotta agli incendi, un nuovo record per questo paese. Nelle province canadesi dell’Alberta e della British Columbia hanno registrato una delle peggiori stagioni di incendi con più di 1.26 milioni di ettari andati in fumo fino alla metà di ottobre. A inizio novembre in USA fiamme nel Parco Yosemite, hanno distrutto oltre 80.000 ettari di verde e alberi secolari. Ma gli incendi non sono stati limitati solo al Nord America e all’Europa settentrionale. In Siberia circa 700 ettari di foresta dell’Armenia sono andati distrutti, mentre il Cile ha subito una stagione di incendi senza precedenti nella sua storia. Persino la Groenlandia, non certo nota per condizioni meteorologiche calde e secche, ha sofferto di una serie di incendi duranti per due settimane
  • (Credit Michael Gunter WWF) Non dimenticheremo le immagini delle fiamme che hanno colpito il sud dell’Europa. A giugno il bellissimo parco del Coto Donana, alla foce del Guadalquivir, Patrimonio dell’UNESCO in Spagna: 2000 persone sono state costrette a fuggire dalle loro case, migliaia di ettari di natura sono andati in fumo. In Portogallo gli incendi si sono trasformati in una vera e propria tragedia bruciando le foreste attorno a Pedrogao Grande, 160 km a nord di Lisbona e facendo almeno 63 morti. Sono andati in fumo 237mila ettari di territorio con 240 incendi di grandi dimensioni. Per tutta l’estate il fuoco ha colpito anche l’Italia causando la peggiore stagione degli incendi negli ultimi 30 anni. Complice la tremenda siccità, l’incuria del territorio e la scarsa prevenzione in nostro paese ha avuto nel 2017 il primato europeo per numero di roghi di vaste dimensioni, superiori ai 30 ettari. Secondo i dati raccolti dall'European Forest Fire Information System (Effis) della Commissione europea, nel 2017 si sono verificati 743 grandi incendi, oltre cinque volte di più rispetto ai 142 riportati in media ogni anno tra il 2008 e il 2016. A fuoco sono andate soprattutto le aree protette come parchi nazionali, riserve, ecc. comprese alcune oasi WWF come la Riserva degli Astroni, a Napoli. Dall'inizio dell'anno, sono bruciati 134.107 ettari di boschi, 100mila ettari in più rispetto ai 34mila ettari arsi, in media, ogni anno tra il 2008 e il 2016. In Europa l'Italia è stato il secondo paese per superficie colpita dalle fiamme dietro il Portogallo. La coda degli incendi è proseguita anche a ottobre: i venti legati all’uragano Ophelia e la prolungata siccità, con temperature superiori alla media stagionale (oltre 30°C) , hanno alimentato ancora centinaia di incendi nel centro e nel nord del Portogallo. Oltre 500 incendi registrati in una sola giornata, il numero più alto dell’anno in un solo giorno e il peggiore in oltre 10 anni
  • (Credit Freund WWF) La Grande Barriera Corallina australiana ha subito tra il 2016 e il 2017 in maniera molto pesante il fenomeno del bleaching; lo sbiancamento dei coralli che si traduce nella loro morte, è dovuto al crescere delle temperature medie delle acque superficiali che provoca l’espulsione, nella simbiosi esistente tra i polipi di corallo e le alghe unicellulari della famiglia delle Zooxantelle, delle alghe stesse che quindi non fotosintetizzano più. Nel 2016 la grande barriera corallina ha sofferto un pesante fenomeno di bleaching che ha causato la morte di quasi il 30% della barriera stessa e agli inizi del 2017 circa un altro 20% è andato perduto. La situazione delle barriere coralline nel mondo sta diventando sempre più preoccupante se non si ridurranno urgentemente le emissioni di gas che incrementano l’effetto serra, e il rapporto UNESCO del 2017 sullo stato delle 29 barriere coralline presenti nel mondo che sono anche siti World Heritage ha sottolineato la drammaticità di quanto sta accadendo; persino barriere che sino ad oggi avevano subito molto poco degli effetti dovuti all’intervento umano, come Papahanamokuakea nelle Hawaii e l’atollo di Aldabra nelle Seychelles, ora hanno pesantemente sofferto a causa del bleaching. Se non si interviene con urgenza, dichiara il rapporto, entro la fine del secolo tutte e 29 le barriere coralline World Heritage UNESCO saranno distrutte
  • (Credit WWF) Un team internazionale di studiosi ha scoperto una nuova specie di orango grazie ad approfondite analisi morfologiche e genomiche; si tratta dell’orango di Tapanuli (Pongo tapanuliensis). Questa nuova specie si trova solo in una regione settentrionale dell’isola di Sumatra, nella foresta di montagna nell’area di Batang Toru in circa 1.100 chilometri quadrati di superficie, e ne restano soltanto circa 800 individui. Tutte le tre specie di orango, quello del Borneo, quello di Sumatra e questa nuova specie, sono in grave pericolo di estinzione a causa della deforestazione, causata in particolare dalle piantagioni di palma da olio per le quali si distruggono le foreste tropicali di quelle aree e da altri fattori di pressione umana, come il bracconaggio
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Nel 2017 abbiamo visto un brutto film e a raccontarcelo è stato il nostro Pianeta. Abbiamo assistito ad un Anno horribilis a giudicare dalle immagini che ci ha mostrato: uragani e alluvioni, riduzione delle banchise polari e dei ghiacciai, moria di barriere coralline per i fenomeni di sbiancamento, si sono succeduti in tante parti del mondo e con un’intensificazione dei fenomeni accelerata, presenza pervasiva delle plastiche nei mari e negli oceani, continuo degrado di ambienti naturali straordinariamente importanti, come le foreste, perdita continua di specie viventi, segnali sempre più evidenti di una sesta “estinzione di massa” dovuta all’intervento umano,  siccità, con ondate di calore che hanno innescato più facilmente anche incendi persino in regioni remote come Siberia e Groenlandia.  Non ultimo, l’incremento delle ondate di flussi migratori dai paesi più poveri, a dimostrazione del forte legame tra crisi degli habitat e crisi umanitaria.

Per rispondere all’SOS del Pianeta il WWF ha lanciato oggi la sua iniziativa “Planet is Calling” come prima fase della sua Campagna di Natale “WWF is Calling”. Questa mattina la sede WWF di Roma si è ‘vestita’del messaggio per il Pianeta con uno striscione che resterà visibile fino a fine anno e inaugurato con alcuni degli Ambassador dell’Associazione: Michelle Carpente, Elena Di Cioccio e Alessandro Tersigni. Il WWF ha anche realizzato l’ALBUM 2017, sette  segnali, lanciati in diverse parti del Pianeta,  che mostrano l’impressionante effetto del crescente cambiamento climatico e di altre nostre azioni insostenibili.

Il lancio della Campagna è avvenuto anche in coincidenza dell’inaugurazione a Roma, presso il Museo MAXXI, del progetto d’arte contemporanea Light di uno dei più importanti artisti e fotografi al mondo, Michel Comte. Si tratta di una raccolta di lavori che esplora l’impatto ambientale del riscaldamento globale sui ghiacciai del pianeta. Il WWF ha deciso di sposare questo progetto anche in prosecuzione del percorso di partnership avviato col MAXXI per diffondere la cultura e la sensibilizzazione in difesa dell’ambiente. Nel corso della sua Campagna il WWF realizzerà una serie di attività di sensibilizzazione sul tema climate-change e accompagnerà la tappa di Light presso la Triennale di Milano.

Per il WWF l’urgenza è quella di invertire subito questa tendenza: i sistemi complessi si stanno avvicinando a situazioni critiche che noi stessi potremo non essere in grado più di invertire. Ecco perché il fattore tempo è così importante. Il momento per agire è ora, e non possiamo solo aspettare che governi e autorità si attivino per tempo, possiamo essere tutti ora attori del cambiamento. Nelle prossime settimane il WWF proseguirà la sua Campagna WWF is Calling raccontando le storie dei tanti “Eroi di Natura” che stanno cambiando, con grandi e piccole azioni quotidiane, il senso di questa corsa verso la perdita di specie e habitat attraverso soluzioni per combattere il cambiamento climatico e per adattare le proprie comunità ai fenomeni già in atto.

ALBUM 2017

L’ANNO IN CUI IL PIANETA HA ACCELERATO LA SUA CRISI

(Credit Michael Gunter WWF) Non dimenticheremo le immagini delle fiamme che hanno colpito il sud dell’Europa. A giugno il bellissimo parco del Coto Donana, alla foce del Guadalquivir, Patrimonio dell’UNESCO in Spagna: 2000 persone sono state costrette a fuggire dalle loro case, migliaia di ettari di natura sono andati in fumo. In Portogallo gli incendi si sono trasformati in una vera e propria tragedia bruciando le foreste attorno a Pedrogao Grande, 160 km a nord di Lisbona e facendo almeno 63 morti. Sono andati in fumo 237mila ettari di territorio con 240 incendi di grandi dimensioni. Per tutta l’estate il fuoco ha colpito anche l’Italia causando la peggiore stagione degli incendi negli ultimi 30 anni. Complice la tremenda siccità, l’incuria del territorio e la scarsa prevenzione in nostro paese ha avuto nel 2017 il primato europeo per numero di roghi di vaste dimensioni, superiori ai 30 ettari. Secondo i dati raccolti dall’European Forest Fire Information System (Effis) della Commissione europea, nel 2017 si sono verificati 743 grandi incendi, oltre cinque volte di più rispetto ai 142 riportati in media ogni anno tra il 2008 e il 2016. A fuoco sono andate soprattutto le aree protette come parchi nazionali, riserve, ecc. comprese alcune oasi WWF come la Riserva degli Astroni, a Napoli. Dall’inizio dell’anno, sono bruciati 134.107 ettari di boschi, 100mila ettari in più rispetto ai 34mila ettari arsi, in media, ogni anno tra il 2008 e il 2016.
In Europa l’Italia è stato il secondo paese per superficie colpita dalle fiamme dietro il Portogallo. La coda degli incendi è proseguita anche a ottobre: i venti legati all’uragano Ophelia e la prolungata siccità, con temperature superiori alla media stagionale (oltre 30°C) , hanno alimentato ancora centinaia di incendi nel centro e nel nord del Portogallo. Oltre 500 incendi registrati in una sola giornata, il numero più alto dell’anno in un solo giorno e il peggiore in oltre 10 anni

La visione di insieme dei momenti più significativi va oltre la sequenza temporale: l’accelerazione evidente denuncia il fatto che per molti processi di persistente degrado dei sistemi naturali siamo ormai molto vicini al sorpasso di punti critici, oltre i quali la nostra capacità di azione per sovvertire la situazione può essere quasi nulla. La successione degli uragani nell’area atlantica e soprattutto della loro forza e intensità ha lasciato colpiti molti studiosi; la visione di tre uragani insieme, Katia, Irma e Josè, fotografati dai satelliti, ha sorpreso tutti. Una fotografia satellitare così è apparsa una significativa preoccupante novità.  Globalmente nella stagione si sono scatenati ben 16 uragani. Inoltre, per diversi ecosistemi forestali che costituiscono una fonte indispensabile di ossigeno e di sequestro di CO2, in condizioni di forti ondate di calore e prolungati periodi di siccità, non sono più “sequestratori” di anidride carbonica (biossido di carbonio) ma diventano emettitori di CO2.

Il cambiamento climatico del quale si sta discutendo in questi giorni nel nuovo summit a Bonn (la 23° conferenza delle Parti, COP, della Convenzione ONU sui cambiamenti climatici) è un facilitatore di questi processi. Quest’anno si è rafforzata la concentrazione di anidride carbonica nella composizione chimica dell’atmosfera che ha sorpassato le 400 ppm (parti per milione di volume) già nel 2016. Una concentrazione simile non è presente nell’atmosfera da almeno 800.000 anni (dati accertati dalle bolle d’aria presenti nei carotaggi dei ghiacci di questo lungo periodo) e, secondo i dati paleoclimatologi indiretti, le 400 ppm sono state raggiunte 3-5 milioni di anni fa durante la metà del Pliocene; in quel periodo i ghiacciai della Groenlandia e dell’Antartide si erano fusi o ritirati, il livello dei mari era superiore di 10-20 metri rispetto al livello attuale e la temperatura era di 3-4°C superiore a quella attuale.

E’ necessaria una grande pressione pubblica sui governi e sulle autorità politiche, e il WWF si batte per realizzare concretamente l’Accordo di Parigi sul clima e l’Agenda 2030 con i suoi 17 Obiettivi di Sviluppo Sostenibile, documenti sottoscritti da tutti i paesi del mondo in sede Nazioni Unite, nonché un grande Patto internazionale sull’ambiente, come indicato dal Presidente francese Macron alle Nazioni Unite, che metta insieme l’impegno di tutti per salvaguardare i sistemi naturali di tutto il mondo che costituiscono la base fondamentale del nostro sviluppo e del nostro benessere”, ha dichiarato Donatella Bianchi, Presidente del WWF Italia che conclude: Al fianco di questa opera di pressione tutti possiamo fare qualcosa ogni giorno, con azioni concrete, per ridurre il nostro impatto sulla natura. E già oggi sono tanti gli esempi di soluzioni adottate da comunità in tante parti del mondo che stanno facendo la differenza. Grazie al WWF puoi fare parte di chi si preoccupa del nostro futuro, di quello dei nostri figli, figlie e nipoti e delle generazioni che verranno. E della natura che garantisce il nostro futuro”.

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