La professoressa Anna Maria Berenzi, vincitrice dell’Italian Teacher Price, è l’ideatrice di un progetto partito dall’Ospedale Civile di Brescia, che toccherà alcune delle principali città italiane. Parliamo di “In viaggio per guarire” in cui dar voce a ragazzi che il cancro hanno avuto la sfortuna di conoscerlo in prima persona, disposti a raccontare ai coetani la loro battaglia contro il male del secolo, dalla scoperta della malattia, alle paure, alle emozioni, sino all’importanza di donare. Con i 50 mila euro di premio ricevuto, la professoressa Berenzi ha dato il via ad un tour carico di significato, facendo parlare ragazzi che hanno vissuto l’esperienza di questa grave malattia, sono stati curati all’Ospedale Civile di Brescia, frequentando al suo interno la scuola… ragazzi che oggi, dopo aver sconfitto il mostro, dicono: “Abbiamo avuto il cancro. Si, fa male ma dal male può nascere il bene”; “Il messaggio che vorrei dare? Combattere sempre e non arrendersi mai”; “Io sono qui perché ho ricevuto il trapianto di midollo osseo da mia madre: vi assicuro che è bello ricevere ma è molto più bello donare”.
Parliamo, dunque, di una sorta di campagna di responsabilizzazinoe con tappe in diverse scuole italiane che coinvolge ragazzi in cura o già guariti come testimonial… uno spazio in cui ritovarsi fuori dalle stanze di degenza per condividere vissuti e farsi forza a vicenda nella rielaborazione del trauma vissuto. Per chi ascolta, è un laboratorio d’empatia, un modo di vivere alternativo rispetto ai modelli e ai valori proposti dalla società contemporanea; un modo di promuovere la cultura della solidarità e dell’inclusione, sensibilizzando al tema della donazione di sangue e di midollo. Questo progetto non ha nulla a che vedere con la spettacolarizzazione, con l’impressionare o lo sgomentare, incentrando, piuttosto, gli incontri sulla presenza fisica di chi il cancro lo ha provato sulla sua pelle.
Andrea, Alessia, Silvia, Gabriele, Cristiana, Enrico, Filippo hanno vissuto in prima persona l’esperiennza della malattia che ha messo a rischio la loro vita , vedendo scomparire tutte quelle piccole grandi cose che facevano parte della loro quotidianità, raccontando, poi, il piacere della loro riscoperta, del loro riaffacciarsi nella loro vita. I ragazzi raccontano quanto è cambiato il loro modo di aver accanto parenti e amici, quanto hanno sofferto per l’allontamento di alcuni e per la presenza non autentica di altri, ma anche la vicinanza e la solidarietà di chi non li ha mollati nemmeno un secondo durante la malattia.