Noto in Spagna e Sud America come “cafè de cebada”, in Giappone come “mugicha” e nei Paesi Anglosassoni come barley cup, il caffè d’orzo si è ritagliato un posto di popolarità e un buon numero di consumatori che lo preferiscono al caffè normale. In origine ritenuto “bevanda da poveri e da carestia”, largamente diffuso coome surrogato del caffè durante la Seconda Guerra Mondiale, esaltato nell’antichità per le sue proprietà benefiche, tanto ce era conosciuto come tisana d’Ippocrate che ne lodava le virtù, consumandolo sotto forma di decotto, il caffè d’orzo è privo di caffeina, diuretico, digestivo, dissetante, antinfiammatorio e antisettico, contrastando mal di gola, tonsillite, malattie da raffreddamento. Energetico, ricco di mucillagini che favoriscono la regolarità intestinale, è ipocalorico (20 calorie per 100 ml di prodotto), per cui non fa ingrassare, tranne quando si esagera nel dolcificarlo.
Bevuto caldo d’inverno con un cucchiaino di miele, o col latte scremato al mattino, abbassa l’indice glicemico, tenendo a basa i livelli di zucchero nel sangue e contrasta il colesterolo cattivo. Il caffè d’orzo attenua irritazioni e bruciori di stomaco, ha proprietà emollienti ed assorbenti molto utili per la mucosa intestionale, combatte ipertensione, anemia e, grazie al potassio e al fosforo, assicura la rimineralizzazione dell’apparato scheletrico.
Ma non è tutto. Esso migliora la circolazione sanguigna e promuove l’attività cerebrale e intellettuale, con una ripercussione positiva sul sistema nervoso. Può essere preparato in una caffettiera apposita per esaltarne il gusto o diluito direttamente in acqua bollente. E’ controidicato ai celiaci, contenendo glutine, ma può essere tranquillamente consumato da anziani, bambini e da cardiopatici o con problemi cardiocircolatori, non contenendo caffeina.