Di Gianluca Congi – Una specie “estranea” da diversi anni colonizza le acque del lago Cecita in provincia di Cosenza. Siamo sul massiccio della Sila, dove sorgono i principali bacini lacustri della Calabria. Un tempo i laghi dell’altopiano silano brulicavano di trote e di altre pochissime specie ittiche autoctone. Sconsiderate immissioni per scopi alieutici, spesso realizzate con specie alloctone e dannose anche e soprattutto per la pregiata ittiofauna indigena, nel tempo, hanno manomesso l’equilibrio di ambienti che seppur creati dall’uomo, ormai da molti decenni, a pieno titolo, fanno parte della grande biodiversità di questi luoghi. In un’estate di parecchi anni fa, grandi conchiglie vuote, vennero avvistate dal sottoscritto sulle rive del lago di Cecita o Mucone, verso spartiacque tra i comuni di Spezzano della Sila e Celico. In un’occasione, ricordo di averne trovato una anche a debita distanza dalla riva, forse trasportata da qualche predatore nell’intento di mangiare le parti molli. A quale misteriosa e sconosciuta creatura appartenevano quei resti? Qualche tempo dopo, arrivai alla conclusione che si trattava senz’altro di Sinanodonta woodiana woodiana, un mollusco bivalve d’acqua dolce di grandi dimensioni (anche 30 cm di lunghezza) e, di forma ovalare, originario dell’Asia orientale e con un areale di distribuzione abbastanza vasto. In che modo c’erano arrivate quelle creature asiatiche in piena Sila e nell’estrema punta meridionale d’Europa? Nel vecchio continente le prime segnalazioni di questa specie sono risalenti alla metà degli anni ’80 del secolo scorso, più precisamente in Ungheria. In Italia è comparsa agli inizi degli anni ’90, partendo dall’Emilia Romagna e poi via via si sono moltiplicate le segnalazioni in molte parti del Paese. Da quanto ne sappia queste cozze sono presenti nel lago Cecita da molti più anni di quanto si crede. Per il grande bivalve, la scorsa estate ha rappresentato forse il periodo più duro da quando si è insediata quaggiù. Un lungo periodo di siccità si è abbattuto sulla zona, facendo ritirare il lago di diverse decine di metri. Sono venuti fuori oltre ai bivalvi anche i resti dell’Elephas antiquus e di un’area destinata alla produzione di armi da parte dei Longobardi, un fatto davvero straordinario, annunciato i giorni scorsi dai più importanti network d’informazione della regione e non solo. Sulle rive del Cecita, in località San Lorenzo, Campo dell’Alto e Colamauci, centinaia tra cornacchie grigie, gabbiani reali, aironi cenerini e bianchi maggiori, per tutta l’estate hanno fatto festa e banchetto con questi bivalvi d’acqua dolce, predati per l’occasione anche dalle astute volpi. Migliaia di molluschi inermi, immobili e spesso sprofondati nelle sabbie bianche del lago, una strage naturale per una specie aliena! Il fenomeno a dire il vero era stato già segnalato alcuni anni fa da parte di alcuni curiosi e appassionati, per cui non si tratta in ogni caso di un fatto sconosciuto. Nel 2014, W. Renda e I. Niero, pubblicarono gli interessanti risultati di un’indagine scientifica all’interno del notiziario S.I.M. (Società Italiana di Malacologia). Per quanto concerne alle dimensioni, nel mese di settembre 2017, ho misurato alcune cozze aventi una lunghezza di 18 cm (180 mm). Nel 2009, sulla sponda del comune di Celico, ritrovai una conchiglia lunga almeno 11 cm. Secondo alcune testimonianze di pescasportivi, la presenza della S. woodiana woodiana sarebbe da ascrivere agli inizi del 2000, in contrasto con quanto sostengono altri, che ne divulgherebbero un più recente insediamento. Se gli esemplari osservati qualche anno fa, variavano tra gli 80 e i 100 mm, alcune cozze trovate nell’estate e nell’autunno scorso, come già riferito, misuravano fino ai 180 mm (vedasi l’evidenza in alcune immagini pubblicate). Un’eccezionale siccità ha consentito una maggiore mortalità di questo mollusco bivalve e di conseguenza si è presentata la possibilità di rinvenire esemplari di diverse dimensioni, magari non rinvenuti durante alcune campagne di ricerca. La presenza nel lago Cecita, fino a pochi anni fa, in ambito nazionale, era quella più meridionale nota in Italia, ma nel 2013, dalla Sicilia, sono giunte delle segnalazioni in tal senso. In Italia, sempre più spesso si moltiplicano gli avvistamenti, specie nei periodi estivi e più siccitosi ma anche in occasione di forti prelievi idrici o per svuotamento di bacini. Sul lago Arvo e Ampollino ma anche nei laghi inferiori della Sila, durante le visite fatte nell’identico periodo, nessun bivalve di questa specie è stato osservato. In occasione dello svuotamento dell’Ampollino, qualche anno fa, non ho avuto modo di osservare conchiglie, resti o individui integri, afferenti a questa specie. Ci sono alcune teorie sull’origine della S. woodiana woodiana nelle nostre acque, ma la più verosimile, così come sostengono i ricercatori del settore, sarebbe da ascrivere all’immissione di specie ittiche alloctone. Le cozze, da piccole, si attaccano alle pinne o alle branchie dei pesci, in questo modo, gli è molto facile colonizzare gli specchi d’acqua. Ci troviamo di fronte ad una delle conseguenze più subdole derivate dall’immissione di specie ittiche estranee al nostro ambiente. Carassi, carpe, cavedani, persici e altri pesci non c’entrano niente con il patrimonio indigeno, eppure senza regole e misure, queste specie e anche altre, sono state immesse già da decenni a questa parte. Pur se commestibile, le sue carni coriacee sarebbero poco appetibili e dal sapore di melma, parola di alcuni pescatori di nazionalità rumena, trovati quest’estate sulle rive del Cecita e intenti a grigliarne alcuni esemplari! La funzione della S. woodiana woodiana, al pari di tutti i molluschi è quella di filtrare l’ acqua, il suo diffondersi non è dunque tanto pericoloso in sé quanto per le conseguenze che può originare. Pare che dalle nostre parti, non vi siano al momento, evidenti e sostanziali trasformazioni all’ambiente, derivate dall’insediamento del mollusco bivalve alloctono. La S. woodiana woodiana, grazie anche alla sua capacità di infestare numerose specie di pesci, può generare una insana competizione con gli Unionidi autoctoni, questo fattore può portare al danneggiamento fino all’estinzione di specie d’invertebrati acquatici indigeni, rappresentati da piccoli bivalvi. Non dimentichiamo che è sempre l’uomo il vero e unico artefice di tali squilibri in natura. Ancora una volta, la pacifica convivenza con l’ambiente che ci circonda è messa a rischio da insani comportamenti.
Gianluca Congi © www.gianlucacongi.it