Il Papilloma virus nell’uomo determina infertilità, poliabortività nella partner ed è causa di insuccesso nei trattamenti di fecondazione assistita, “ma la buona notizia è che la fertilità naturale può essere recuperata con un vaccino“: lo dichiara Carlo Foresta, ordinario di Endocrinologia all’Università degli Studi di Padova, che ha illustrato una ricerca padovana al Castello Carlo V a Lecce. L’Unità di Andrologia e Medicina della riproduzione dell’Azienda ospedaliera di Padova, diretta da Foresta, ha infatti dimostrato che la presenza dell’Hpv nel liquido seminale ostacola la fertilità, riducendo le probabilità di induzione della gravidanza che, se ottenuta in presenza di Papilloma virus, esita molto frequentemente in aborto. In questi pazienti la somministrazione del vaccino, inducendo la produzione di anticorpi, facilita l’eliminazione del virus e ripristina la fertilità naturale.
Studi condotti dal gruppo di Foresta con Andrea Garolla hanno evidenziato che la presenza di Hpv nel liquido seminale determina l’adesione del virus agli spermatozoi, riducendo significativamente il loro potenziale di fertilità. Inoltre gli stessi ricercatori hanno dimostrato che le tecniche di fecondazione in vitro mediante la microinezione degli spermatozoi nell’ovocita (Icsi), se si effettuano in pazienti con presenza di Hpv nel liquido seminale, hanno una bassa probabilità di fertilizzazione ovocitaria e, nei casi in cui questa si verifichi, un’elevata percentuale di aborti.
Lo studio, presentato a Lecce, “dimostra chiaramente che la presenza di Hpv nel liquido seminale ostacola la fertilità naturale. Questi risultati emergono dalla valutazione di 151 coppie senza cause apparenti di infertilità, il cui partner risultava positivo al virus nel liquido seminale“, dice Foresta.
Il razionale dell’utilizzo del vaccino in soggetti con infezione seminale da Hpv si fonda sull’ipotesi che lo sviluppo della reazione anticorpale contro il virus indotta sia in grado di accelerare l’eliminazione dell’infezione stessa. In effetti, dopo 6 mesi dalla somministrazione del vaccino, il 92% dei pazienti trattati risultava negativo contro il 30% dei pazienti non trattati.