Vaccini: con 900mila immunizzati in più si guadagnerebbero 450 milioni l’anno

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Per ogni euro investito in vaccini in età adulta se ne recuperano in media 2 in termini di gettito fiscale e 16 in termini di maggiore produttività sul lavoro. Ogni euro investito nella vaccinazione ne rende 18 per il sistema economico nazionale. Insomma le vaccinazioni, oltre ad essere uno strumento fondamentale di prevenzione delle malattie infettive, producono importanti risultati anche per l’impatto che hanno dal punto di vista economico e fiscale che possono essere dettagliatamente valutati. Solo per la vaccinazione antinfluenzale, tra giornate di lavoro che non vengono perse e minore spesa previdenziale, la vaccinazione impatta per 500 euro a persona nell’arco dell’anno. Se si riuscisse a “convincere” 900.000 adulti in età lavorativa in più a vaccinarsi (rispetto ai circa 2 milioni di Italiani che attualmente si vaccinano in età adulta) il sistema economico “guadagnerebbe” ben 450 milioni di euro ogni anno. I numeri sono ancora più eclatanti per i vaccini anti-pneumococcici e per l’herpes zoster i cui effetti, diversamente da quanto accade per il vaccino antinfluenzale, si ripercuotono per molti anni dopo l’inoculazione: per ogni euro investito nella vaccinazione anti-pneumococcica l’impatto economico è pari a 19,5 volte l’investimento: per l’herpes zoster si arriva a 21,5 volte.

Questi i risultati in pillole del primo studio, denominato “Adulti Vaccinati”, che adotta l’approccio dell’impatto fiscale (il c.d. “fiscal impact”), in Italia realizzato dall’Alta Scuola di Economia e Management dei Sistemi sanitari (Altems)dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma. L’analisi, che ha visto la partecipazione del Ministero della Salute, dell’ISS, dell’INPS, della Società Italiana di Igiene (SITI) delle Università di Roma Tor Vergata, Genova e Firenze e di FIMMG, presentata oggi durante un workshop presso l’Auditorium del Ministero della Salute, alla presenza del Ministro On.le Beatrice Lorenzin.

La prevenzione e le vaccinazioni, in particolare, sono state al centro della recente azione politica del Ministero della Salute con il lancio del nuovo Piano Nazionale della Prevenzione Vaccinale (PNPV 2017-2019) e i recenti provvedimenti in ambito vaccinale per i minori in età scolare. Queste politiche sono state sostenute grazie a robuste evidenze scientifiche disponibili sulle implicazioni di tali strategie sulla salute pubblica. Le evidenze di carattere economico in genere sono concentrate sulla valutazione dell’impatto in termini di riduzione della spesa sanitaria. L’Alta Scuola di Economia e Management dei Sistemi Sanitari dell’Università Cattolica del Sacro Cuore ha coordinato uno studio il cui primario obiettivo è stato quello di progettare un modello di politica economica in grado di catturare tutte le conseguenze economiche dell’investimento in salute effettuato attraverso le vaccinazioni con particolare riferimento agli adulti in età lavorativa. In particolare, lo studio ha in primo luogo stimato i costi sociali di alcune patologie infettive (influenza, pneumococco e herpes zoster) per poi valutare l’impatto in termini di riduzione dei costi per giornate di malattia, impatto sul gettito fiscale e sul ciclo economico di un investimento teso ad allargare la platea dei beneficiari delle vaccinazioni nei tre stessi ambiti.

Quelli che abbiamo ricavato sono numeri impressionanti, che ancora una volta confermano il vecchio adagio che è meglio prevenire che curare – afferma Americo Cicchetti, direttore dell’Alta Scuola di Economia e Management dei Sistemi Sanitari dell’Università Cattolica del Sacro Cuore che ha guidato il gruppo di lavoro – e questo anche sotto il profilo economico oltre che per quello della salute delle persone. Ancora una volta le spese per le vaccinazioni, nel caso di adulti in età lavorativa, non garantiscono solo un beneficio individuale e collettivo in termini di salute, ma aiutano il sistema economico in quanto riducono le spese previdenziali e permettono anche l’incremento del gettito fiscale grazie alla maggiore crescita economica indotta dalla maggiore produttività dei lavoratori stessi”.

Questi risultati – commenta Matteo Ruggeri, Responsabile dell’Area Valutazioni Economiche ed HTA di Altems e docente di Economia Sanitaria presso l’Università Cattolica – sono stati generati grazie allo sviluppo di un modello che ci permette di stimare gli effetti di diverse politiche vaccinali (Es. estensione della vaccinazione negli adulti) non solo in termini di minori spese per il Ssn per via della riduzione delle complicanze associate all’insorgenza delle malattie, ma anche in termini di minori spese per la previdenza sociale e maggiore produttività del lavoro che genera effetti sul ciclo economico e maggiore gettito fiscale per il bilancio dello stato”.

Le politiche di prevenzione portate avanti dal Ministero della Salute in questi anni in ambito vaccinale sono andate in una direzione molto chiara. Il Piano Nazionale Prevenzione Vaccinale ha il fondamentale scopo di armonizzazione le strategie vaccinali in atto nel Paese. Tutti i vaccini contenuti nel Calendario del PNPV 2017-2019 sono stati inseriti nei nuovi Livelli essenziali di assistenza (LEA), garantendo ai cittadini che rientrano tra le categorie target per la vaccinazione il diritto di usufruire di questo fondamentale strumento di prevenzione. Da ultimo anche l’obbligo vaccinale per l’iscrizione a scuola si inserisce in una politica di tutela della salute collettiva a beneficio di tutti.

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