Influenza 2018: numerosi casi “imprevisti”, l’epidemia durerà ancora settimane

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L’attività influenzale continuerà probabilmente ancora per alcune settimane. I motivi dell’elevato impatto clinico (e anche mediatico) di questa stagione sono molteplici, ma l’elemento più significativo è la circolazione imprevista di un ceppo addizionale di influenza B rispetto alle precedenti stagioni. Infatti, nella stagione in corso hanno circolato 4 distinti ceppi di virus dell’influenza (AH1N1, AH3N2, B/Victoria e B/Yamagata), mentre normalmente co-circolano 3 ceppi influenzali. Il 66% delle infezioni risulta sostenuto proprio dal ceppo virale aggiuntivo B/Yamagata“: lo ha spiegato Pierangelo Clerici, presidente dell’Associazione microbiologi clinici italiani (Amcli) e direttore dell’Unità Operativa di Microbiologia dell’Azienda socio sanitaria territoriale Ovest milanese. “La stagione influenzale 2017-18 che stiamo affrontando è stata caratterizzata dall’alto numero di casi. Infatti, secondo le stime dell’Istituto superiore di sanità, più di 6 milioni italiani sono stati colpiti dal virus dall’inizio della sorveglianza. Nella prima settimana di febbraio continua la discesa della curva epidemica dopo aver raggiunto il picco nei primi 10 giorni del 2018 con un livello d’incidenza ‘molto alto’. In questi giorni, tutte le Regioni segnalano una riduzione dell’attività influenzale. Nel complesso, sono dominanti i ceppi influenzali di tipo B, mentre nell’ambito dei virus A prevalgono i ceppi A/H1N1“.

Un possibile ulteriore elemento in favore della diffusione dei ceppi virali è relativo alle temperature più rigide nel periodo dicembre 2017-gennaio 2018 rispetto ai precedenti periodi invernali, evento questo che ha sicuramente favorito il radunarsi dei soggetti in locali chiusi“.

A tal proposito la comparsa del virus dell’influenza nelle stagioni fredde non elimina la circolazione dei numerosissimi virus respiratori (virus respiratorio sinciziale, rinovirus, coronavirus, virus parainfluenzale, etc.) in grado di provocare quadri clinici sovrapponibili a quelli da infezione influenzale e che vengono trasmessi con le stesse modalità,” rileva Fausto Baldanti, virologo dell’Università di Pavia e membro del direttivo Amcli. “I casi di infezione da virus respiratori non-influenzali si sono, quindi, assommati a quelli dovuti in senso stretto ai diversi ceppi influenzali, sovraccaricando le capacità recettive dei reparti di Pronto soccorso, allettando un’ulteriore quota di individui (inclusi operatori sanitari e personale addetto ai servizi essenziali) e contribuendo alla sensazione di assistere a un evento di particolare gravità“.

Il ceppo maggiormente identificato nei casi severi e gravi – prevede Clerici – è il ceppo AH1N1. Purtroppo è ormai da registrare che il virus dell’influenza richiede annualmente un pesante tributo clinico soprattutto a soggetti con comorbidità, quali persone anziane con patologie croniche (diabete, problemi cardiovascolari ecc.), donne in gravidanza, soggetti immunodepressi ma anche ad individui senza apparenti concause“.

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