Sant’Agata, oltre che patrona di Catania, lo è di San Marino che il 5 febbraio 1740 riottenne la libertà dallo Stato Pontificio. Tanti i patronati. La Santa, infatti, è patrona delle balie, delle madri che allattano, è invocata contro le malattie del seno, protegge da bruciature, eruzioni vulcaniche, fuoco del Purgatorio, incendi, terremoti; è patrona degli ottonai, dei vetrai, è protettrice dei fonditori di campane, dei tessitori. Rappresentata come giovane donna dai bei lineamenti, Sant’Agata compare con abiti di fogge e colori differenti. Spesso indossa abiti ricchi, come simbolo della sua nobiltà, altre volte presenta abiti semplici, con tinte inneggianti al martirio (rosso), alla purezza (bianco), alla gloria (dorato-giallo). Spesso, iconograficamente parlando, troviamo Sant’Agata nella stessa posa della conterranea Lucia, con la palma del martirio in mano, mentre con l’altra regge un piatto o un vassoio su cui si trovano le mammelle recise.
Alcune volte la palma è sostituita o accompagnata con una corona di rose. Qualche volta compare lo strumento del martirio (tenaglie), un braciere con carboni ardenti, un fuoco da legna, una torcia o un cero, simbolo della potenza del fuoco, uno strumento di legno, forse impiegato per la tessitura, ai suoi piedi; il vulcano Etna in eruzione con la città di Catania sullo sfondo; un libro, simbolo del Vangelo, un giglio. Tra i proverbi: “Sant’Agata conduce la festa a casa”; “Sant’Agata: la terra rifiata e la merenda è ritrovata”; “Doppu cè a S. Aita a rubbaru ci ficiru i potti di ferru” (“Dopo che venne derubata, Sant’Agata è stata protetta con porte in ferro”).