Si è concluso l’International Symposium “Advances in Tsunami Warning to Enhance Community Responses” tenutosi a Parigi dal 12 al 14 febbraio 2018. Questo importante convegno, organizzato dall’Intergovernmental Oceanographic Commission (IOC) dell UNESCO, aveva come scopo principale quello di migliorare la gestione del rischio tsunami e quindi la sicurezza dei cittadini che vivono sulle coste.
Il primo di questi incontri si è tenuto tredici anni fa, nel marzo del 2005, a seguito del grande tsunami di Sumatra del 26 Dicembre 2004, che ha causato la morte di almeno 280.000 persone su tutte le coste dell’Oceano Indiano, fino al Sud Africa. Dopo quell’evento catastrofico, grazie all’impegno dell’UNESCO, delle istituzioni scientifiche e delle organizzazioni di Protezione Civile sono stati fatti rilevanti passi avanti, sia dal punto di vista della conoscenza che della capacità di salvare vite umane.
Nella tre giorni parigina – spiega il blogingvterremoti – i maggiori esperti di tsunami del mondo si sono riuniti nella sede dell’UNESCO per confrontarsi sulle strategie di difesa dagli tsunami, facendo il punto sulle lezioni apprese dagli eventi del passato, illustrando gli avanzamenti della conoscenza scientifica e confrontandosi sulle migliori pratiche da adottare per rendere l’allerta sempre più veloce e precisa, allo scopo di raggiungere tutti i cittadini migliorando la loro capacità di affrontare gli tsunami e di salvare le proprie vite e quelle dei loro cari.
“Se senti un terremoto LUNGO o FORTE, allontanati (dalla costa)”. Uno dei segnali della campagna neozelandese per la difesa dal rischio tsunami. Una delle buone pratiche in caso di terremoto avvertito in prossimità della costa è quella di allontanarsi rapidamente verso una zona elevata, prima che si venga raggiunti da un segnale di allerta.
Le organizzazioni che si occupano di tsunami tendono ad adottare un approccio flessibile alla comunicazione del rischio, che in tempo di pace punta ad informare e preparare i cittadini e le comunità, attivandosi rapidamente in caso di emergenza per disseminare i messaggi d’allerta attraverso un insieme di canali che vanno dalla telefonia mobile alla radio, dai social media alla televisione. La ridondanza dei messaggi aumenta così la probabilità di essere raggiunti in tempi rapidissimi per aver il tempo di mettersi al sicuro.
Di grande interesse anche le relazioni sui miglioramenti delle tecnologie per il rilevamento rapido degli tsunami all’origine, attraverso analisi sismologiche rapide, tecnologie GPS e radar, come pure tramite l’utilizzo di reti avanzate di sensori in mare.
Schema con i quattro sistemi di allerta tsunami nel mondo coordinati dall’Intergovernmental Oceanographic Commission (IOC) dell’UNESCO.
Oggi nel mondo operano nove “Tsunami Service Providers” che producono messaggi di allerta alle autorità di protezione civile o direttamente alla popolazione per le quattro aree coperte da sistemi di monitoraggio nel mondo (figura sopra). Uno di questi è il Centro Allerta Tsunami dell’INGV, che fornisce l’allerta per i maremoti prodotti da terremoti nel Mediterraneo al Dipartimento nazionale della Protezione Civile e ad altri Paesi della regione.
Nella mattina del primo giorno (12 febbraio) si sono succeduti alcuni interventi sulla storia e le sfide dei sistemi di allerta tsunami, a partire da quello del Pacifico nell’immediato dopoguerra (1948), fino ai sistemi dell’Oceano Indiano (2005), dei Caraibi (2005), dell’Atlantico e del Mediterraneo (a partire dal 2012). Particolarmente significativa la relazione di Satoshi Harada della Japan Meteorological Agency (JMA) che ha descritto gli errori del sistema giapponese in occasione del grande tsunami del 2011 e le risposte messe in campo negli anni successivi per superare i problemi (“System and response improvements since the 2011 T?hoku Tsunami”).
Nel pomeriggio di lunedì 12 erano in programma diversi interventi dedicati al problema dell’ultimo miglio, con la presentazione delle esperienze delle protezioni civili di Israele e del Cile, mentre esperti dall’Australia e dell’UNESCO hanno discusso dell’uso di media tradizionali e social media nella disseminazione dei messaggi di allerta. A seguire, una tavola rotonda sulla risposta dei diversi sistemi dopo alcuni tsunami significativi, con rappresentanti dal Giappone, dagli USA, dalla Turchia, dal Cile, dall’UNESCO.
Messina: rottami trascinati dal maremoto del 1908 sulla spiaggia di Maregrosso, a sud del porto, dove l’onda raggiunse un’altezza di circa 6 metri.
I ricercatori dell’INGV hanno presentato i risultati del progetto TSUMAPS-NEAM, da poco concluso, che ha prodotto la prima mappa di pericolosità per tsunami di origine sismica realizzata per il Mediterraneo e l’Atlantico nord-orientale. Nella seconda giornata ci sono stati interventi più specifici sui metodi per il calcolo rapido dei parametri dei terremoti e dei sistemi di allerta. Da parte italiana, ancora due poster sul funzionamento del Centro Allerta Tsunami dell’INGV e sul metodo del “Probabilistic Tsunami Forecast” (PTF) sviluppato dai nostri ricercatori e un intervento a invito di Stefano Lorito sul trattamento delle incertezze nelle stime dell’allerta tsunami (“Conveying uncertainties associated with tsunami warnings and forecasts”). Nella terza giornata, dopo la presentazione di alcune altre esperienze di tsunami in Indonesia e in altre aree del mondo (incluso lo tsunami modesto nel Mar Egeo del luglio 2017), Marzia Santini, del Dipartimento nazionale della Protezione Civile, ha presentato le strategie che si stanno adottando in Italia per giungere nei prossimi mesi a un sistema di allerta tsunami efficace e capillare. Infine, sono state avanzate alcune considerazioni conclusive. In particolare, è stata enfatizzata
- la necessità di perfezionare ulteriormente la risposta rapida dei sistemi di allerta per i diversi tipi di tsunami;
- l’importanza di comunicare ai decisori le incertezze inerenti ai messaggi di allerta che possono cambiare durante la fase di allerta stessa, per aiutarli a prendere decisioni;
- la necessità di disporre di catene decisionali e canali di comunicazioni robusti e di avere chiari livelli di responsabilità definiti a priori.
È stata infine enfatizzata l’importanza della consapevolezza delle comunità a rischio e la conseguente necessità di svolgere programmi di preparazione di cittadini e autorità ed effettuare esercitazioni periodiche a livello nazionale e internazionale.
Link utili:
Il programma del Simposio: Programme_Symposium_FINAL_05-02-18_TAA
Qui la lista completa dei partecipanti al Simposio.
Il centro allerta tsunami dell’INGV