Alla vigilia dell’8 marzo, Save the Children richiama l’attenzione, fornendo alcuni dati, sulle gravi barriere che le donne si trovano ad affrontare fin dall’inizio del loro percorso di vita, e sottolinea “l’importanza dell’empowerment femminile per innescare un meccanismo virtuoso sulle nuove generazioni“.
Più di 16 milioni e mezzo di ragazze partoriscono tra i 15 e i 19 anni nei Paesi in via di sviluppo, 2,5 milioni prima di compierne 16; a 62 milioni di bambine e ragazze l’accesso a una risorsa fondamentale come la scuola è precluso, e per una su 4 scuola ed educazione rimarranno un sogno per tutto l’arco della vita; inoltre più di un terzo delle giovani donne in Paesi in via di sviluppo è fuori dal circuito scolastico e lavorativo.
L’8 marzo è una “Giornata internazionale che celebra le conquiste delle donne, ma ricorda anche le discriminazioni e le violenze di cui sono ancora oggetto in molte parti del mondo“, spiega l’organizzazione. “Oltre a comportare gravi rischi per la salute delle mamme bambine e dei loro neonati, le complicazioni durante la gravidanza e il parto precoce sono la prima causa di morte per le giovani donne globalmente, con una stima annuale di 70mila decessi tra le ragazze di età compresa tra i 15 e i 19 anni“, spiega Save the Children. “Salute e qualità della vita sessuale e riproduttiva rischiano di essere compromesse per un numero ancora più ampio di giovani donne“. Sono infatti 30 milioni quelle esposte, secondo le stime relative al periodo 2016-2026, al rischio di subire una mutilazione genitale e le sue conseguenze, 12 milioni ogni anno quelle che si sposano prima dei 18 anni e sono 2,6 miliardi le ragazze e donne che vivono ancora oggi in Paesi dove lo stupro coniugale non è considerato di fatto un crimine. “Essere bambine e ragazze nella maggior parte dei Paesi del mondo significa ancora oggi diritti negati, violenze fisiche, psicologiche o sessuali“. “Le bambine e le giovani di oggi saranno le donne e le mamme di domani, sono il motore del cambiamento. Le violazioni dei loro diritti hanno una conseguenza ancora più grave per il nostro futuro. L’educazione, ad esempio, è uno dei principali strumenti per combattere esclusione e discriminazioni che impediscono alle bambine di realizzare il proprio potenziale, come ci ha ricordato il premio Nobel Malala Yousafzai che ha detto di non voler essere ricordata come la ragazza a cui hanno sparato, ma come la ragazza che si alzò in piedi“, afferma Daniela Fatarella, Vicedirettore Generale di Save the Children Italia. “Adolescenti e giovani donne chiedono di essere libere di perseguire le proprie speranze e i propri sogni, libere di vivere la vita che scelgono di costruire per se stesse. E, invece, dalle testimonianze strazianti delle bambine Rohingya in fuga dal Myanmar alle spose precoci siriane, dalle studentesse rapite in Nigeria alle giovani vittime di tratta per lo sfruttamento sessuale nel Mediterraneo, quello che emerge è che le ragazze sono meno libere rispetto ai loro coetanei maschi di vivere la propria infanzia, di accedere all’istruzione o di prendere autonomamente decisioni fondamentali per il loro futuro“.