Immaginiamo l’energia sprigionata da decine di milioni di bombe atomiche: è all’incirca quello che si può trovare sulla superficie della nostra stella durante le eruzioni solari. Si tratta di improvvise esplosioni, dette anche brillamenti, che causano forti radiazioni elettromagnetiche con una conseguente immissione di particelle cariche nello spazio circostante. Gli astronomi – spiega Global Science – studiano da tempo questi fenomeni ultra energetici, cruciali nel determinare il clima spaziale della porzione di Universo in cui viviamo.
Ora un nuovo studio coordinato dalla George Mason University ha sviluppato un modello tridimensionale per studiare meglio i potenti effetti delle eruzioni solari. In particolare, gli scienziati si sono concentrati sulle cosiddette espulsioni di massa coronale (o Cme, dall’inglese Coronal mass ejection), dove giganti nubi di plasma vengono schizzate nello spazio ad altissime velocità. I risultati della ricerca, pubblicati su Journal of Space Weather and Space Climate, sono stati ottenuti combinando i dati raccolti da tre satelliti: l’osservatorio spaziale Esa-Nasa Soho e la coppia satellitare Stereo della Nasa.
Il modello 3D ricostruisce per la prima volta le singole esplosioni che, attivandosi una dopo l’altra, scatenano con un potentissimo effetto domino le espulsioni di massa coronale. Nessuno dei tre satelliti ci sarebbe riuscito singolarmente, ma l’unione di ‘tre occhi’ ha permesso di ottenere uno sguardo completo sulle turbolente esplosioni solari. L’evento preso in esame dai tre osservatori satellitari è una Cme registrata il 7 marzo 2011: la simulazione tridimensionale messa a punto dai ricercatori combina una grandissima quantità di dati raccolti dalle diverse angolazioni, ricostruendo il ‘viaggio’ delle singole esplosioni attraverso lo spazio. Questo ha permesso di calcolare valori prima difficili da stimare, come la densità del plasma nei dintorni delle esplosioni, oppure la velocità e la forza delle particelle sprigionate. Tutte informazioni fondamentali per tenere sotto controllo il clima spaziale, rendendo così più accurate le previsioni meteo del cosmo.