I farmaci non fanno abbastanza, mentre cambiamenti alimentari e corsi di alimentazione fanno la differenza nelle persone che soffrono di diabete. Ecco i risultati di uno studio dei ricercatori della Physicians Committee for Responsible Medicine, un’organizzazione non-profit che promuove la medicina preventiva, conduce ricerche cliniche e incoraggia l’adozione di standard più elevati per l’efficacia della ricerca.
Nello studio di 20 settimane, i ricercatori hanno condotto corsi di alimentazione gratuiti, che hanno migliorato il peso, la glicemia e i livelli di colesterolo dei pazienti. Due diverse diete si sono rivelate efficaci: una dieta vegana a basso contenuto di grassi e un regime alimentare porzionato. Entrambi i gruppi consumavano meno carne, grassi e colesterolo.
Questi risultati suggeriscono il potenziale di un intervento alimentare semplice ed economico per migliorare la gestione del diabete. Il Dott. Neal Barnard, autore dello studio, ha dichiarato: “I dottori possono trasformare le loro sale d’attesa in aule. È semplice e molto efficace. I pazienti imparano sui cambiamenti alimentari salutari e possono condividere consigli, scambiarsi idee per ricette e lavorare insieme”. Una partecipante ha notato: “Essere in una classe con altre persone che hanno gli stessi obiettivi mi ha fatto restare sulla buona strada”.
Precedenti studi hanno dimostrato che gli interventi alimentari sono efficaci per la gestione del diabete perché, a differenza dei farmaci, solitamente migliorano diversi indicatori della salute contemporaneamente. Le diete a base vegetale, prive di grassi animali e colesterolo, sono particolarmente benefiche, perché trattano la causa principale del diabete di tipo 2 riducendo il grasso all’interno delle cellule, che migliora la funzione dell’insulina. Questo tipo di dieta è utile anche per il peso corporeo, per il controllo dei lipidi, della glicemia e della pressione sanguigna.
Secondo Barnard, “l’alimentazione è uno degli strumenti più potenti che abbiamo nella battaglia contro il diabete”, che contribuisce a malattie cardiovascolari, cecità, amputazioni e insufficienza renale.