Rosario Marcianò, blogger “esperto” di scie chimiche, è stato condannato a otto mesi di reclusione per diffamazione a mezzo web nei confronti della giornalista Silvia Bencivelli: lo rende noto La Stampa.
Il 16 settembre 2013, sulle pagine di Tuttogreen della Stampa, veniva pubblicato l’articolo dal titolo “Scie chimiche, la leggenda di una bufala“: l’autrice era appunto Silvia Bencivelli, allora collaboratrice de La Stampa, che ha voluto approfondire una delle teorie del complotto più popolari degli ultimi anni. Partendo da una storia inventata nel 1997 da due truffatori americani, ha raccontato la nascita e la diffusione mondiale della bufala secondo cui le normali scie di condensazione degli aerei sarebbero in realtà sostanze chimiche irrorate per avvelenare l’umanità.
E’ iniziata così, pochi minuti dopo la pubblicazione, l’odissea di Silvia Bencivelli: tra i primi messaggi di posta ad arrivare c’è quello di Marcianò (“Non ti vergogni?“), seguito da quelle dei seguaci. “Una bufera a cui non ero minimamente preparata. Io mi occupo di neutrini e balene, mai avrei pensato di poter suscitare un tale odio con un mio scritto,” racconta Bencivelli.
I messaggi diffamatori e intimidatori proseguono per anni, utilizzando vari canali, con toni di violenza e volgarità: “Purtroppo essendo una donna, le minacce si declinano immediatamente in versione sessista. Mi sono confrontata con altri colleghi uomini, anche loro insultati per ciò che hanno scritto. Ma il tono è decisamente diverso. Se un uomo si vede apostrofato con termini come ‘idiota’ o ‘venduto’, per una donna la definizione più gentile è ‘tr…’. Agli aggressori si è poi, via via, unito un coro di difensori, che, nonostante le buone intenzioni, risultavano spesso molesti in un periodo in cui ero già sotto stress per le centinaia di email ricevute“.
Bencivelli si rivolge allora all’avvocato Cinzia Ammirati: denunciano Marcianò per diffamazione a mezzo web, rimettendosi alla decisione del pm per l’eventuale individuazione di altri reati una volta esaminati i fatti.
Alla fine arriva la condanna: otto mesi di carcere. Inoltre, il pm ha ravvisato nei fatti anche gli estremi per un’accusa di minacce, che costituirà il fulcro di un altro processo.
“La cosa che più fa sentire impotenti è che è impossibile uscire dalla rete, anche se ci si rimane impigliati contro la propria volontà,” spiega l’avvocato. “È fondamentale far sapere che la violenza di branco che a volte si scatena sul web, nella convinzione di rimanere impuniti, viene invece condannata.“