22 maggio, Giornata Mondiale della Biodiversità: specie aliene invasive tra le maggiori minacce al patrimonio naturale

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Tra cambiamenti climatici, inquinamento e distruzione degli habitat naturali, sono numerose le minacce al nostro patrimonio naturale e alla biodiversità. Si stima infatti che il tasso di la perdita di specie sia oggi 1000 volte più veloce che in passato a causa dell’impatto del crescente impatto dell’uomo. Tra le cause più devastanti e difficili da contenere, la diffusione incontrollata delle specie aliene invasive. La stima dei costi sociali ed economici di questo fenomeno supera infatti i 12 miliardi di Euro ogni anno nella sola Unione Europea. In Italia sono presenti più di 3000 specie aliene, introdotte spesso volontariamente, di cui oltre il 15% invasive. Negli ultimi 30 anni, il numero delle specie aliene nel nostro Paese, è aumentato del 96%. Piante e animali alloctoni invasivi possono causare l’estinzione delle specie autoctone, alterando la composizione delle specie presenti in una certa area, portando alla degradazione totale degli habitat che occupano o modificando le dinamiche di erosione del suolo.

In occasione della Giornata Mondiale della Biodiversità, istituita dalle Nazioni Unite e celebrata ogni anno il 22 maggio, Life Asap (Alien Species Awareness Program), il progetto europeo di formazione e informazione sulle specie aliene invasive e i loro impatti sul territorio, vuole porre l’accento su una delle principali minacce che la diversità biologica mondiale deve affrontare. Il numero di specie marine aliene nel Mediterraneo è più che raddoppiato tra il 1970 e il 2015, con 150 nuove specie registrate solo negli ultimi 15 anni. Molte di queste specie arrivano attraverso il canale di Suez. Ben 186 specie aliene sono arrivate in Italia attraverso questa via d’acqua e il numero è destinato ad aumentare drammaticamente nei prossimi anni, a causa del suo raddoppio recentemente completato. Secondo le ultime revisioni scientifiche, il numero di specie alloctone osservato nel bacino Mediterraneo (ad oggi 837) è di gran lunga superiore a quello di tutti i mari europei. E le previsioni per il futuro non sono rassicuranti. Secondo l’ISPRA (l’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale), capofila del Life Asap, ad oggi, almeno 42 nuove specie ittiche sono state osservate nei mari italiani. La metà di queste è stata introdotta per mano dell’uomo, ad esempio con il trasporto navale, mentre le altre potrebbero essere entrate “naturalmente” dall’Oceano Atlantico, attraverso lo Stretto di Gibilterra. Il problema è particolarmente evidente negli ambienti costieri e nelle aree marine protette, che dovranno inevitabilmente includere questa problematica nei propri piani di gestione. A preoccupare particolarmente è la veloce espansione geografica del Pesce scorpione (Pterois miles), originario del Mar Rosso e altamente invasivo. Al momento la specie ha raggiunto le coste tunisine, mentre un individuo è stato osservato lungo le coste siciliane e si prevede un’ulteriore espansione geografica nei prossimi anni. Il rischio riguarda principalmente i possibili impatti ecologici di questo nuovo predatore. Altra specie potenzialmente pericolosa è il Lagocephalus sceleratus o pesce palla maculato, un pesce di origine tropicale altamente tossico al consumo, riconoscibile dagli altri pesci palla per la presenza di puntini scuri sul dorso e per una banda argentea sui fianchi. Avvistato per la prima volta nel Mar Mediterraneo nel 2003, oggi il pesce palla maculato ha invaso buona parte del bacino levantino, creando seri problemi ecologici, economici e sanitari in paesi come Grecia, Cipro, Turchia, Libano, Israele, Egitto, dove si sono registrati diversi casi di intossicazione alimentare, alcuni dei quali letali. Tra le specie ittiche invasive si annoverano anche il pesce flauto (Fistularia commersoni) e il pesce coniglio (Siganus luridus), quest’ultimo dotato di spine velenose. Oltre ai pesci, alcune alghe invasive come la Caulerpa cylindracea e la Lophocladia lallemandii, possono provocare impatti severi sugli habitat naturali ricoprendo letteralmente i nostri fondali e mettendo a rischio la salute degli ecosistemi costieri. Il problema delle specie invasive non è, purtroppo, appannaggio solo dei nostri mari. Basti pensare al Giacinto d’acqua, specie vegetale che, diffondendosi, può incidere sulla qualità delle acque dolci, mentre la Panace di Sosnowsky può causare l’alterazione della struttura e della funzione degli ecosistemi, portando allo stravolgimento della catena alimentare e del normale ciclo dei nutrienti. E se il gambero americano, crostaceo introdotto a scopo di acquacoltura, è un pericoloso vettore della cosiddetta “peste del gambero” che può avere un grave impatto sulle popolazioni di gamberi native, il Calabrone asiatico, probabilmente introdotto in Francia accidentalmente attraverso un carico di vasellame proveniente dalla Cina, può sterminare le api, preziosissime perché permettono l’impollinazione e la conseguente formazione del frutto. “Il responsabile di questa invasione è sempre l’uomo – ha dichiarato Piero Genovesi, Project manager di Ispra – che, in modo consapevole o accidentale, favorisce il diffondersi di specie animali e vegetali al di fuori delle aree di origine a discapito delle specie autoctone. E proprio l’uomo può e deve intervenire ora per frenare il fenomeno e contenerne gli effetti adottando comportamenti responsabili. Il Progetto ASAP promuove una corretta informazione a tutti i cittadini su questa minaccia, anche segnalando cosa ognuno di noi può fare per prevenire l’introduzione di specie invasive in natura.” Per rispondere alla grave e crescente minaccia rappresentata dalle specie aliene invasive nei confronti della biodiversità, le istituzioni nazionali e europee hanno adottato diverse normative, regolamenti e risoluzioni. Lo scorso febbraio il Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare ha emanato il decreto legislativo 230/2017, che regolamenta il possesso di specie esotiche invasive contenute nell’elenco delle specie di rilevanza unionale, prescrivendo l’obbligo di dichiararne il possesso al Ministero stesso, quale autorità competente.

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