Il pilota dell’aereo Malaysia Airlines scomparso l’8 marzo 2014 sull’Oceano Indiano con 239 persone a bordo “ha deliberatamente eluso i radar” ed ha fatto precipitare il velivolo per attuare una missione suicida pianificata a lungo: è quanto sostengono gli inquirenti che stanno cercando di risolvere il mistero del Boeing 777 MH370.
Non si trattò di un incidente o di un attacco militare, come era stato ipotizzato in passato, ma di un “omicidio di massa portato a termine dal pilota“.
Durante la puntata di “60 Minutes Australia” gli esperti hanno rivelato che il capitano Zaharie Ahmad Shah “voleva togliersi la vita e purtroppo ha deciso anche di uccidere tutti quelli che erano a bordo, facendolo deliberatamente“, ha spiegato Larry Vance, esperto canadese di incidenti aerei. Secondo gli inquirenti il comandante aveva pianificato tutte le manovre da mettere in atto per fare sparire nel nulla il Boeing 777, spegnendo tutti gli strumenti per l’identificazione e portandolo per quasi 200 km fuori dalla rotta stabilita.
Secondo Vance, Zaharie Amad Shah ha indossato una maschera dell’ossigeno prima di depressurizzare l’aereo per rendere i passeggeri e l’equipaggio privi di conoscenza. “Si stava suicidando e sfortunatamente stava uccidendo tutti gli altri a bordo e lo ha fatto deliberatamente“, ha dichiarato. “Se fosse stato un evento terroristico, è quasi inevitabile che un’organizzazione terroristica lo rivendicasse. Nessuno lo ha fatto“.
Se le cose sono realmente andate così, si tratterebbe quindi di un episodio molto simile a quello del volo Germanwings in servizio tra Barcellona e Duesseldorf, fatto precipitare sulle Alpi di Provenza francesi dal copilota Andreas Lubitz nel marzo 2015.